21/03/2018

Work life balance: l'esempio di Vitec Group nell'intervista a Marco Scippa, senior vicepresident HR

"La sensibilità dell’azienda verso le persone diventa fonte di innovazione, produttività, e relazioni industriali sane".

Si chiama “work life balance” ed esprime un concetto semplice: nella società di oggi diventa sempre più importante sviluppare un corretto bilanciamento tra l’impegno professionale e i bisogni personali dei propri dipendenti, promuovendo benessere all'interno del luogo di lavoro. Un giusto mix che porta ad avere collaboratori più coinvolti e più legati all'azienda, il che vuol dire anche minor rischio di perdere i talenti.



Un'azienda vicentina che sul “work life balance” sta puntando da tempo è Vitec Group Imaging Solutions, divisione del gruppo Vitec, leader mondiale nel mercato degli accessori per la fotografia, che ha tra i brand principali Manfrotto. L'azienda già da anni ha realizzato un modello innovativo di gestione del personale condiviso dai lavoratori e dalle parti sociali, basato sui principi della meritocrazia e della non discriminazione. Un sistema di valutazione delle performance certificato dall'Università di Pisa e dalla Fim-Cisl di Vicenza.

Può sembrare una cosa di poco conto, ma offrire a una mamma o a un papà la possibilità di arrivare in azienda più tardi per portare i figli a scuola o uscire in tempo per andare a prenderli per il pranzo è davvero importante. In primis per la vita di questi genitori e questi figli ovviamente. Ma poi la sensibilità dell’azienda verso le persone diventa un valore forte per l’impresa stessa. Questo atteggiamento, oltre ad essere giusto, non comporta costi, anzi, diventa fonte di innovazione, produttività, e relazioni industriali sane”, Marco Scippa, senior vicepresident HR dell'azienda bassanese, parte da qui per raccontare il suo approccio.

Su quali leve avete puntato?
Siamo partiti dal concetto per cui la più grande forma di equità sociale è il merito. Quattro anni fa, a valle del nostro contratto integrativo per il personale impiegatizio, abbiamo sperimentato un sistema di valutazione scientifico e non discriminante, che misura non solo il cosa si fa, ma anche il come. E, dopo la validazione di università e sindacato, abbiamo fatto formazione per tutti, sia chi valuta ma anche chi viene valutato, per far capire perché e come funziona.

Come sta andando?
Oltre ad aver legato a questo percorso innovativo la crescita delle persone in azienda, il metodo di valutazione incide sul nostro sistema premiante che si basa sul trend della prestazione nel biennio. Devo dire che è stato legittimato, tanto è vero che non abbiamo mai avuto contestazioni. Motivo per cui ci siamo posti l’obiettivo, con la nuova proposta di integrativo che stiamo creando con Confindustria Vicenza, Confindustria Belluno Dolomiti e ADAPT, di estenderlo anche in ottica 4.0.

Come si inserisce il “work life balance” in questa vostra visione delle relazioni industriali?
Nelle risorse umane tutti gli strumenti sono circolari, non puoi modificare la valutazione delle prestazioni e non il sistema premiante o l’organizzazione. Se tocchi un elemento, tutto tende a spostarsi per cui è necessario pensare al contesto più ampio. Il work life balance è parte integrante di questo contesto, non è una moda. Lo smart working lo inseriremo nell’integrativo ma non si deve intendere come telelavoro. Significa creare un ambiente che permetta di valorizzare al massimo quelle che sono le potenzialità delle persone in funzione di quelle che sono le mutate condizioni di vita, di lavoro, di business. Per esempio, dotarsi di un orario flessibile è possibile perché le persone vengono valutate sugli obiettivi e non sulle ore in cui stanno sedute ad una scrivania. E l’investimento in flessibilità d’orario viene ampiamente ripagato in termini di performance aziendali.

Altro elemento è l’employer branding, semplificando, la reputazione dell’azienda in quanto datore di lavoro. È importante?
Molto. Sia per limitare il tournover, le persone valide se non si sentono trattate bene giustamente ‘scappano’ perché hanno mercato. Ma anche per diventare attrattivi verso i talenti che magari preferirebbero muoversi verso le grandi città europee. Convincere le persone a venire a lavorare in provincia non è facilissimo, ma se fai buona politica di work life balance, la reputazione cresce e le persone vanno sempre più a considerare questo aspetto.

Tutto ciò si riflette anche sull'organizzazione degli spazi di lavoro?
Oltre alle imprescindibili misure sulla sicurezza, negli spazi abbiamo voluto trasferire il nostro modo di intendere lavoro in azienda. Ad esempio, ci sono gli open space per favorire il lavoro di squadra, ma con spazi di privacy importanti. I pochi uffici chiusi, hanno le pareti in vetro perché i nostri valori fondamentali sono l’integrità e la trasparenza. Per avere prodotti innovativi abbiamo cercato di creare ambienti stimolanti. Le stanze per le pause sono pensate per far incontrare le persone e arricchire la mente, anche solo con libri, giornali, giochi di ruolo. L’ambiente per noi è un elemento importante, caratterizzante e strumentale a quelli che sono i risultati. Non a caso ogni anno riusciamo a vincere diversi Red Dot Design Award. Come? Grazie anche a questo tipo di investimento, non sono riconoscimenti che arrivano per caso.