20/03/2019

"La voix libérée": Fondazione Bonotto presenta a Parigi la collezione di poesie sonore

Dal 22 marzo al 12 maggio l'esposizione è protagonista al Palais de Tokyo.

Fondazione Bonotto torna a Parigi, nel prestigioso Palais de Tokyo, ad "esporre" la propria collezione di poesie sonore dalla fine della Seconda Guerra Mondiale agli sviluppi contemporanei.

Nella capitale francese, infatti, dal 22 marzo al 12 maggio 2019, si potranno ascoltare le poesie fonetiche e sonore in un percorso tra le voci del passato e quelle del presente in maniera diretta e immersiva, tra gli artisti che utilizzano ancora le parole e i suoni come esercizio di libertà.

“La voix libérée - Poesie sonore”, questo il titolo dell’esposizione, è curata da Eric Mangion e Patrizio Peterlini in co-produzione con Palais de Tokyo. “Volontariamente trans-storicO e internazionale per affermare la continuità delle pratiche e degli esperimenti – spiegano sul sito della Fondazione -, questo dispositivo è concepito come un punto di ascolto, un trasmettitore che produce una frequenza che si diffonde all’esterno delle mura del Palais de Tokyo, attraverso un'applicazione che permette di ascoltare liberamente e gratuitamente il programma sonoro della mostra, oltre che a una moltitudine di luoghi, radio o riviste che estenderanno questa esperienza di poesia sonora per tutta la primavera del 2019”.



Un percorso artistico e espositivo, quello della Fondazione che fa capo all’azienda tessile Bonotto (dal 2016 parte nel Gruppo Zegna) coerente con la storia e il percorso industriale che nella fabbrica di Molvena ha trovato un proprio modello originale e di successo. “Nel 2007 ci trovammo di fronte a un problema, quello di aver perso la competitività del costo orario in fabbrica. Produrre da noi costava più degli altri. Capimmo che non dovevamo più produrre soltanto materiali, ma identità, piccole opere, piccoli pezzi di DNA. Il consumatore però era diventato un consum-autore, aveva cambiato modo di approcciarsi, quindi anche noi come imprenditori dovevamo cambiare il linguaggio della fabbrica, perché il mondo stava cambiando il linguaggio di come si consuma e, di conseguenza, del perché si produce”, ha spiegato a Industria Vicentina il direttore creativo Giovanni Bonotto: La crisi è un linguaggio che cambia. Noi ce l'abbiamo fatta perché siamo stati impollinati dagli artisti - fastidiosi, eccentrici, tedeschi, americani, giapponesi che nessuno capiva perché allora come ora in fabbrica si parla il veneto - che ci hanno fatto inforcare gli occhiali della fantasia, quelli che ci permettono di interpretare e parlare questo nuovo linguaggio. Le loro opere, come dicevo, sono qui, a contatto con la gente che lavora”.

Oggi in Bonotto si trovano 17 mila e più opere che sono state costruite letteralmente dentro l'azienda.