10/10/2019

Italia in bilico tra ripresa e recessione. Molto dipenderà dalle scelte di politica economica

Il Rapporto di previsione sull'economia italiana del Centro Studi Confindustria.

Il Centro Studi Confindustria conferma la sostanziale stagnazione dell’economia italiana, già delineata nelle previsioni di primavera. Più che in passato, molto dipenderà dalle scelte di politica economica e in particolare da come il Parlamento italiano modificherà l’attuale legislazione, che prevede un aumento dell’IVA e delle accise per 23,1 miliardi di euro a partire dal 1° gennaio 2020.


 
In uno scenario a “politiche invariate”, includendo il rialzo di IVA e accise e le spese indifferibili, il PIL rimarrà fermo non solo nel 2019 ma anche nel 2020. Se invece l’aumento delle imposte indirette venisse annullato e finanziato interamente a deficit, il PIL crescerebbe dello 0,4 per cento nel 2020, ma il rapporto deficit/PIL sarebbe pericolosamente vicino al 3 per cento, retroagendo sulla crescita: rimarrebbe al di sotto di questa soglia solo se i risparmi acquisiti dal minor utilizzo di Quota 100 e Reddito di cittadinanza andassero interamente a riduzione strutturale del deficit.

Nelle intenzioni del Governo – rappresentate nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NaDEF) di inizio ottobre – malgrado la sterilizzazione degli aumenti IVA, il deficit sarà al 2,2 per cento del PIL. Spetterà al disegno di Legge di bilancio specificare esattamente le coperture.

L’economia italiana, quindi, è ancora sulla soglia della crescita zero, rischiando di cadere in recessione in caso di eventuali nuovi shock, che soprattutto dal fronte estero sono sempre possibili, come mostra l’elevatissimo grado di incertezza oggi presente sui mercati.

Diversi fattori hanno frenato nel corso di quest’anno l’economia italiana e continueranno presumibilmente a pesare negativamente sulla crescita. Primo, vi è un minor apporto ai consumi delle famiglie da parte del Reddito di cittadinanza (Rdc); le domande pervenute sono state molto inferiori alle attese e potrebbero esserci alla fine di quest’anno 200mila nuclei beneficiari in meno.

Secondo, il rallentamento in Germania è più profondo e duraturo di quanto atteso; le difficoltà tedesche, specie nel settore automotive, hanno avuto ricadute importanti sulla produzione dell’industria italiana per i forti legami tra le manifatture dei due paesi; incidono anche sulle esportazioni italiane, sebbene nell’ultimo anno queste abbiano fatto meglio di quelle tedesche, per una serie di fattori settoriali e geografici analizzati più avanti.
 
Terzo, la fiducia in Italia è su livelli molto ridotti, e ciò spinge imprese e famiglie a una gestione più parsimoniosa dei propri bilanci; la flessione è stata più marcata per le imprese manifatturiere che tra le famiglie; la ricostituzione della fiducia è un fattore cruciale per creare le condizioni per la crescita.

Quarto, sarebbe significativo l’impatto di un aumento dell’IVA delle dimensioni oggi previste dalla legge; questo, infatti, genera effetti negativi sulla spesa delle famiglie e sugli investimenti privati perché, nella realistica ipotesi di una traslazione parziale sui prezzi finali, si traduce in un’erosione sia del reddito disponibile sia dei margini delle imprese.

Giocano, invece, positivamente due aspetti. Primo, la percezione di un approccio diverso nei confronti dell’Europa e la conseguente flessione dei tassi sul debito sovrano. Il forte calo dei rendimenti sui titoli di Stato che si è avviato da giugno favorisce l’attività economica, perché agevola il credito, oltre a contenere la spesa pubblica per interessi. Senza questo fattore favorevole, lo scenario CSC avrebbe incluso una piccola recessione nel 2020.

Al calo dei tassi italiani ha contribuito la brusca inversione di rotta, appunto da giugno, nella politica monetaria decisa dalla Banca Centrale Europea, dato l’aumento dei rischi al ribasso per l’economia. Un simile scenario negli USA ha indotto un’analoga virata monetaria. Nel biennio di previsione, perciò, non ci sarà una normalizzazione, di cui si discuteva ancora in primavera. Crescerà, invece, lo stimolo monetario all’economia, con la FED che taglia i tassi di interesse e la BCE che riparte con gli acquisti di titoli pubblici e privati.

Su tale tendenza si è innestato un miglioramento dei giudizi sul nostro Paese tra gli investitori, cui ha contribuito la formazione di un Governo di stampo maggiormente europeista. Tra il 9 agosto e il 4 settembre i tassi italiani sono calati di 100 punti base, mentre ad esempio quelli spagnoli e francesi solo di 10 punti.
 
Secondo, una elevata capacità di adattamento delle imprese localizzate in Italia ai mutati scenari internazionali, che continua a sostenere l’export più della dinamica della domanda mondiale. Si registra un’espansione decisamente più bassa del commercio mondiale rispetto a quanto si stimava nei mesi precedenti, a causa delle accresciute tensioni protezionistiche (specie tra USA e Cina) e dell’incertezza geoeconomica, che oggi è giunta su livelli record, con focolai in diversi paesi (Regno Unito, Iran, Venezuela, Libia, Argentina). In questo contesto, l’export italiano rimane un fattore positivo, grazie al sostegno di diversi elementi:
  1. specializzazione geografica, con l’Italia relativamente poco presente nei mercati extra-UE in cui la frenata è stata più forte;
  2. strategie delle multinazionali, che hanno generato nuovi flussi di export, specie da alcune regioni italiane;
  3. politiche internazionali, per le opportunità create dai dazi USA di sostituire prodotti cinesi prima esportati negli Stati Uniti, per l’anticipo delle vendite nel Regno Unito scontando una Brexit al 31 ottobre, per gli accordi commerciali con importanti paesi come il Giappone.

In particolare, si stima che l’innalzamento delle barriere tariffarie USA contro la Cina abbia consentito all’Italia una maggior crescita delle esportazioni nel mercato americano dei prodotti colpiti dai dazi di circa 7 punti percentuali nei tre trimestri successivi all’introduzione dei dazi.

I comparti dei beni intermedi e di investimento hanno registrato performance deboli quest’anno, perché più integrati nelle catene globali del valore. La crescita dell’export è stata determinata unicamente dai beni di consumo (Grafico C): farmaceutico, abbigliamento-pelletteria, alimentare-bevande hanno registrato ottimi andamenti.

In Italia l’anello debole è, oggi ancor più, la domanda interna. Consumi privati I consumi delle famiglie sono caratterizzati, già da oltre un anno, da una dinamica fiacca. Diversi fattori, per lo più negativi, incidono sull’andamento dei consumi quest’anno e il prossimo, con l’effetto netto di portare la loro variazione poco sotto lo zero nel 2020, secondo lo scenario CSC.

In positivo, agiscono le risorse provenienti dal Reddito di cittadinanza, ma con effetti più limitati e più ritardati rispetto a quanto inizialmente previsto che penalizzano l’uscita dei consumi dal 2019 e quindi, statisticamente, la variazione media per il 2020; e l’aumento dell’occupazione quest’anno, che contribuisce ad alimentare il reddito disponibile, ma con un effetto di breve durata, che dovrebbe quasi sparire il prossimo anno.

In negativo, pesa l’aumento della propensione al risparmio, fenomeno sottolineato da tempo dal CSC e legato all’accresciuto motivo precauzionale; l’erosione del reddito disponibile nel 2020, a causa della riduzione dei redditi da interessi e di quelli derivanti dalla distribuzione dei profitti delle imprese; il già ricordato aumento delle aliquote IVA e delle accise, che erodono il potere di acquisto delle famiglie.

Investimenti privati Il tasso di crescita degli investimenti fissi lordi delle imprese è previsto rallentare progressivamente nel 2019 e nel 2020. Vari fattori tendono a frenare le decisioni di spesa degli imprenditori nel biennio di previsione, mentre altri agiranno in direzione positiva.

A sfavore agiscono: l’aumento delle imposte indirette che, data la parziale traslazione sui prezzi, riduce profitti e liquidità delle imprese; un riassestamento in parte fisiologico, al ribasso, della spesa in beni capitali dopo gli incentivi degli scorsi anni.

Inoltre, il calo delle attese delle imprese sulla domanda, sia interna sia estera, che è il principale fattore “determinante” degli investimenti, fa da freno nel 2019. Nel 2020, viceversa, l’ipotizzato rimbalzo tecnico della domanda estera dovrebbe agire debolmente a favore.

La disponibilità di prestiti per le imprese, importante presupposto per attivare investimenti, avrà un profilo simile: è un freno nel 2019, ma è attesa recuperare nel 2020. Infatti, due degli elementi che quest’anno hanno pesato sull’offerta di credito sono in miglioramento: i rendimenti sovrani e le sofferenze bancarie.

Investimenti pubblici Il contributo del comparto delle opere pubbliche è atteso basso nel biennio di previsione. Potrebbero avere un effetto positivo sugli investimenti pubblici le modifiche contenute nella Legge di bilancio per il 2019 in materia di finanza locale e le misure previste dal DL Crescita e dal DL Sblocca cantieri, sulle quali però non ci sono ancora evidenze.

La finanza pubblica Nonostante l’economia italiana sia ferma da più di un anno, i conti pubblici non ne stanno risentendo. Alcuni fattori hanno influito sui risultati di quest’anno, che appaiono migliori di quanto indicato nella NaDEF di inizio ottobre (deficit/PIL al 2,2 per cento). Questo permette di avere un deficit tendenziale per il 2020 che, anche senza aumento IVA, rimarrà sotto la soglia del 3 per cento del PIL.

Il miglioramento è dovuto:
  • alla positiva dinamica delle entrate tributarie, sostenute dall’aumento degli occupati e dai positivi effetti dell’estensione della fatturazione elettronica che ha generato un recupero di evasione quantificabile a fine anno in poco meno di 5 miliardi;
  • all’aumento di altre entrate extra-tributarie (i dividendi distribuiti da Banca d’Italia e Cassa Depositi e Prestiti per complessivi 3,1 miliardi in più rispetto a quanto previsto dal Governo nel DEF);
  • alla minore spesa per interessi che, rispetto a una situazione in cui i tassi fossero rimasti ai livelli della prima metà del 2019, porterà risparmi stimabili in 3 miliardi quest’anno e ulteriori 3,8 nel 2020;
  • ai risparmi su Quota 100 e Reddito di cittadinanza che toccheranno i 2,6 miliardi di euro nel 2019 e i 3,4 miliardi nel 2020 e che sono legati al minor utilizzo degli strumenti rispetto a quanto previsto al momento della loro introduzione.

Il nuovo Governo, nella NaDEF, assume un quadro meno favorevole per il 2019 e più favorevole per il 2020 rispetto a quanto stimato dal CSC. Un tale profilo permetterebbe di realizzare un marginale miglioramento strutturale della finanza pubblica tra il 2019 e il 2020, ma andrà verificato alla luce delle stime di crescita economica e delle coperture, oggi ancora basate su ipotetici tagli e futuribili entrate. È probabile che vi saranno spese anticipate per la fine dell’anno.