15/04/2020

Vescovi: "Chi può lavorare garantendo la sicurezza dei collaboratori deve poterlo fare subito, altrimenti l'Italia fallisce"

L'intervento del Presidente alla trasmissione "Le Belve" di Oscar Giannino e l'intervista su "La Repubblica".

Il Presidente di Confindustria Vicenza Luciano Vescovi ha commentato nuovamente, con durezza, la proroga delle sospensioni delle imprese disposta con l'ultimo intervento del Governo.

Dopo l'intervento a Omnibus su La7, Vescovi è stato ospite della trasmissione Le Belve, condotta da Oscar Giannino con Carlo Alberto Carnevale Maffé, Mario Seminerio e Renato Cifarelli su Radio Capital.



"Il punto di partenza è il rispetto assoluto delle regole di sicurezza, non i codici Ateco, non è questione di cosa uno fa, ma di come lo fa. Se rispetto al 100% le regole devo poter riaprire immediatamente. Esistono dei settori e delle aree del Paese in profonda difficoltà, noi abbiamo il dovere, non il diritto, di sostenerli. Chi oggi è in grado di lavorare garantendo la sicurezza dei propri collaboratori, deve lavorare, se no questo Paese va a ramengo: lo capiscono o non lo capiscono?" ha affermato il Presidente Vescovi nell'incontro radiofonico con Giannino e Carnevale Maffè.

Sulla questione dei trasporti Vescovi ha chiarito: "Esiste la possibilità di garantire anche l'itinerario casa-lavoro? Sì, esiste. In un paese come il nostro la soluzione di fronte a un problema sistemico, complesso, è 'chiudiamo tutto' perché nessuno accetta lo 0,01 del rischio. Lo 0,01 di rischio va accettato in un Paese normale, perché se no uno neanche in tempi normali deve uscire di casa perché rischia di essere investito da un'automobile. Poiché in Italia il datore di lavoro è responsabile dei propri collaboratori anche nell'itinerario casa-lavoro, va data attenzione a questo aspetto: gli imprenditori in questo momento stanno cercando di farsi carico di questioni complesse con rischi incredibili, ma vanno a lavorare per tutelare le aziende che altrimenti falliscono".

Sulle misure a favore della liquidità: "Si tratta di una toppa, di un cerotto su una ferita aperta, non è questo il problema ma riavviare le aziende. Perché queste aziende sono internazionalizzate, l'80% della produzione vicentina finisce all'estero, le supply chain estere sono collegate a noi, se le perdiamo ci mettiamo 20 anni a ricostituirle. Questo aspetto riguarda magari prevalentemente la meccanica e l'automotive, ma cito anche il caso della concia, quello di Vicenza è il primo polo europeo con 3 miliardi di fatturato e 30.000 addetti, oppure il sistema moda. Questi due settori dal 22 marzo sono chiusi, peccato che la moda così non perda un mese e mezzo di fatturato, perde un anno, due stagioni, le aziende molto strutturate resistono, ma in quella filiera ci sono centinaia di aziende terziste, fondamentali per la qualità e l'efficienza di quei settori, che non si potranno più recuperare".

Il Presidente Luciano Vescovi ha successivamente rilasciato un'intervista a La Repubblica, in cui ancora una volta viene ribadita la necessità di arrivare il prima possibile alla riapertura delle aziende garantendo al tempo stesso la sicurezza: "Dobbiamo riprendere, ma in totale sicurezza, sentendo il dovere di lavorare perché una parte del Paese è nelle condizioni di poterlo fare. Mentre bisogna garantire un sostegno economico a tutte quelle attività in cui c'è una compresenza sociale forte: i bar, i ristoranti, i cinema, i teatri, sono tutte attività impossibilitate a ripartire in questo momento".



"Io credo che il governo stia mettendo tutto l’impegno possibile"- conclude il presidente Vescovi nell'intervista - "Manca solo un tassello: deve dire la verità. L'Italia è un Paese con un debito pubblico ormai al 140%, lo Stato non ha più cassa, tra un po' potrebbero non esserci persino i soldi per pagare i dipendenti pubblici e le pensioni. E quindi uno Stato superindebitato fa quello che può, non è la Germania. Si tratta di trovare un percorso italiano per tamponare l'emergenza e aiutare il sistema, ma è molto complicato in uno Stato privo di soldi. Bisogna dirlo chiaramente: bisogna tornare a lavorare, e tirare la cinghia per un po'".