10/03/2021

Nuove condizioni commerciali con il Regno Unito: l'intervista a Gabriella Migliore, responsabile Help Desk Brexit di ICE a Londra

Tra i temi affrontati: un primo bilancio sulla Brexit, le principali criticità, l'impatto delle nuove attività regolatorie.

In occasione del webinar di ICE Londra di giovedì 4 marzo 2020, sulle nuove modalità operative riguardanti il marchio UKCA e la valutazione di conformità UK (che andrà a sostituire dal 1° gennaio 2022 il marchio CE per i beni immessi sul mercato della Gran Bretagna), abbiamo intervistato Gabriella Migliore, responsabile dell’Help Desk Brexit di ICE Londra, su alcuni argomenti che interessano lo stato dell’arte delle nuove condizioni commerciali con il Regno Unito, anche al fine di provare a delineare alcune prospettive future.



Partiamo da un primo bilancio della Brexit: secondo alcune analisi, nel primo mese del 2021 l'export dal Regno Unito verso l'Unione Europea sarebbe crollato, raggiungendo addirittura un - 68%. È palpabile, quindi, il timore che da aprile, quando scatteranno i controlli anche sui prodotti in importazione in UK, la situazione possa anche peggiorare. Quanto del nostro export, secondo le vostre previsioni, rischiamo di perdere? 
Il calo dell’export UK nel mese di gennaio in confronto a gennaio dell'anno precedente è assodato ed è stato riportato da tutti i quotidiani britannici. Certamente anche per l’export italiano verso il Regno Unito vi sono delle avvisaglie che lasciano presagire una performance non del tutto positiva, ma probabilmente sarà solo un problema di "messa a regime".

Il calo delle esportazioni ha coinvolto un po’ tutti i partner europei (un esempio su tutti il -25% della Francia) ma quando avremo metabolizzato il nuovo corso e le strutture doganali UK saranno a pieno regime la situazione di crisi rientrerà, seppur con qualche flessione.

Facendo una sintesi di tutte le richieste di aiuto che vi vengono rivolte dalle aziende, quali sono le maggiori criticità rilevate dal Desk ad oggi?
Fiscalità e dogane, in primis: su 1000 richieste di assistenza alla quale abbiamo risposto, il 20% riguardano quesiti fiscali e il 15% procedure doganali. Svariate aziende si sono rivolte a noi per avere chiarimenti sul Codice EORI, sulla necessità o meno di conseguire una partita IVA inglese, su come iscriversi al sistema REX o anche sull'applicazione dei dazi in merito al prodotto esportato.  

A che settore appartengono in media le aziende che si rivolgono a voi?
Fino ad ora abbiamo avuto maggiori richieste dal settore della meccanica, dei beni strumentali e della componentistica. Al secondo posto ci sono le imprese dell’agroalimentare. 

Le tante e nuove attività regolatorie britanniche stanno impattando e impatteranno sul nostro export, sconvolgendolo con standard tecnici e normativi difformi da quelli europei. Il lavoro del vostro Desk si farà più prezioso nella misura in cui diventasse una puntuale attività di monitoraggio nel tempo, che vada magari oltre la data in cui la transizione sarà terminata. Quali sono le previsioni?
Il Desk. dopo mesi di operatività. termina le sue attività - come da progetto - il prossimo autunno, ma sono fiduciosa che dalla attività di supporto diversificata e capillare che stiamo erogando alla aziende italiane, nasceranno progetti di utilità da riconvertire a lungo termine.

Penso, ad esempio, alla ricerca partner ed al supporto agli investimenti, che già rientrano nell'ordinaria attività dell'Ufficio ICE di Londra presso il quale è operativo anche il Desk. Insieme all’Help Desk Brexit è operativo un Desk FDI (Foreign Direct Investment) che supporta gli investitori del Regno Unito verso l’Italia in progetti di vario genere: ecco questa attività continuerà senz’altro per molto tempo.

A proposito di investimenti, qual è il trend riscontrato dal vostro ufficio e quali sono i principali settori di investimento UK in Italia?
Il Regno Unito è una delle principali fonti di IDE (investimenti diretti esteri) per l'Italia in vari settori dal Fintech al Turismo, e, per contro, il nostro paese è 6° in classifica per progetti di investimento diretto verso il Regno Unito.

I principali settori di investimento sono: ICT ed Elettronica, Trasporti e Magazzinaggio, per valore dell’investimento; Costruzioni ed Elettronica, per posti di lavoro creati; Servizi finanziari e professionali, per numero di progetti realizzati.

Nel 2019 sono stati finalizzati in Italia 22 investimenti provenienti dal Regno Unito ad opera di 19 società britanniche: 610,1 milioni di dollari di capitali impiegati e 1761 posti di lavoro creati. Nel 2020, purtroppo, gli investimenti sono scesi a 11 - sicuramente a causa dell’impatto di Brexit insieme alla pandemia da Covid-19 – per un importo totale di 133 milioni di dollari e 274 nuovi posti di lavoro.

Citiamo, tra gli altri, il caso Revolut (società britannica di tecnologia finanziaria), che ha aperto la sua sede a Milano e ha contribuito alla crescita del Fintech italiano, divenendo uno degli hub Fin-Tech in più rapida crescita in Europa.

Come giudicate la vostra collaborazione con le Istituzioni britanniche? Avete la percezione di essere visti come un ente fondamentale alla buona riuscita degli scambi commerciali con l’UE? Ricevete mai richieste d’aiuto o di informazione anche da parte loro?
Sicuramente siamo percepiti come un soggetto istituzionale riconosciuto e accreditato. Non accade frequentemente che ci scambiamo informazioni con le Istituzioni sul territorio, ma per lo più con l'Ambasciata britannica a Roma con la quale interloquiamo molto spesso per avere conferme o delucidazioni.

La vostra attività è sicuramente valorizzata grazie alla collaborazione con associazioni come Confindustria. Oltre ai percorsi formativi state pensando ad una proposta congiunta di servizi da fornire alle aziende? Una sorta di "task force" che metta insieme competenze ed esperienze da ambo i lati per affiancare le imprese a 360° nell’interscambio commerciale con il Regno Unito.
I rapporti di collaborazioni che abbiamo instaurato nelle ultime settimane con le associazioni di categoria rappresentano un valore aggiunto per le attività di questo Desk. Sono maturati spontaneamente senza bisogno di sugelli formali e solo all'insegna del comune intento di aiutare le aziende italiane. È auspicabile che questo clima possa conservarsi ed è sicuramente un esperienza pilota che può fare da apripista a successive collaborazioni.