13/09/2016

Intervista a tutto campo a Luciano Vescovi

Con la ripresa delle attività, il presidente di Confindustria Vicenza fa il punto sull'andamento dell'economia vicentina, rinnovo dei contratti e crisi bancarie, giovani, riforme ed Europa.

Presidente Vescovi, partiamo dal tema del lavoro. Il Vicentino è stato fin qui tra i territori che hanno retto meglio a questi lunghi anni di crisi, ma anche qui non sono mancate conseguenze sulle prospettive di occupazione. Qual è la realtà oggi da questo punto di vista?
E' una realtà molto cambiata rispetto a quella di prima della crisi o rispetto a quella con la quale eravamo abituati a ragionare. Prima a una fase di crisi subentrava sempre una fase di nuova ripresa e lo si notava dall'andamento della cassa integrazione straordinaria: a un certo punto, dopo un periodo di crisi, la richiesta scendeva e tornava a salire la ricerca di manodopera.
Oggi siamo di fronte al superamento dei cicli economici, c'è un'instabilità costante e con questa bisogna fare i conti.
Bisogna essere più bravi di prima, più qualificati e più reattivi al cambiamento. Sono cambiate le professionalità, l'operaio generico è in via di estinzione, le ristrutturazioni aziendali, quando si rendono necessarie, vanno a interessare inevitabilmente queste figure meno strategiche. A essere cercate sono sempre più le competenze trasversali: alle persone viene chiesto di essere “smart”, aperti all'innovazione e ai cambiamenti, di condividere gli obiettivi aziendali, di lavorare in squadra. Molto sta nel saper accettare questi cambiamenti e nel mettersi sempre in gioco.

Più in generale, come sta cambiando la società vicentina?
Vicenza è una perla straordinaria nel contesto nazionale e mondiale. Ci sono tanti imprenditori straordinari che mietono successi in tutto il mondo, grazie soprattutto alla passione per il proprio lavoro, e all'impegno e alla preparazione dei loro collaboratori.
A Vicenza sta crescendo anche una nuova straordinaria alleanza tra il mondo della cultura, l'industria e le istituzioni per promuovere l'immagine di questo territorio nel mondo.
Uno dei brand su cui dobbiamo continuare a puntare è certamente Palladio, conosciuto in tutto il mondo e soprattutto negli USA che lo ha proclamato “padre dell'architettura americana”: non dimentichiamo l'importanza che gli USA hanno per Vicenza anche come partner commerciale.

E' tempo di rinnovo di contratti, nel privato c'è quello del settore metalmeccanico, nel pubblico quello della pubblica amministrazione. Possono essere occasioni per rispondere all'esigenza di rinnovo di un modello che oggi appare troppo centralistico e tiene poco conto del merito?
Sul contratto dei metalmeccanici Confindustria sta portando avanti proposte molto innovative che puntano a premiare i risultati, valorizzare la professionalità e riconoscere il merito, dare maggiori tutele ai lavoratori dal punto di vista della sanità e garantire un aspetto fondamentale come la formazione continua. L'obiettivo è quello di introdurre un principio semplice che potrebbe apparire persino un’ovvietà: distribuire la ricchezza se è stata prodotta, dove è stata prodotta e dopo che è stata prodotta.
In merito al settore pubblico, leggiamo con molta preoccupazione le notizie sui rinnovi contrattuali, per i quali viene prevista una spesa di 7 miliardi. Ancora una volta, insomma, si prefigurano aumenti a pioggia, oltretutto in un periodo di deflazione, destinati a categorie superprotette. Purtroppo questo Stato sembra davvero incapace di cambiare approccio, mantiene inalterati i privilegi di alcune categorie senza dare futuro e prospettive ai giovani e a chi protezioni non ne ha. E' chiaro che in questo modo non si può modernizzare il paese, ma se ne perpetuano le contraddizioni.

Le crisi bancarie di questi anni hanno lasciato un segno sul nostro territorio. Come se ne può uscire?
Il disastro delle due Popolari venete inizierà a manifestare tutti i suoi effetti peggiori per le aziende a partire dall'autunno. Questo territorio, comunque, continua a rappresentare una vera opportunità per il sistema finanziario e bancario nazionale. Stiamo studiando un protocollo cui le nostre aziende potranno aderire per trovare credito ordinario nel caso alcuni istituti cominciassero una politica di revoca o riduzione causata dal peggioramento dei rating che potrebbe derivare anche dalla svalutazione del valore delle azioni delle banche popolari.
La maggior parte delle aziende iscritte a Confindustria Vicenza continua ad avere ratios patrimoniali e risultati assolutamente buoni. Le porte sono aperte, dunque, a tutti gli istituti che intendono investire nel nostro territorio la massa di liquidità di cui oggi dispongono. Paradossalmente la palla è in mano alle banche che intendono entrare nel nostro territorio anche e soprattutto per finanziare il credito ordinario, il magazzino, il circolante e anche una giusta quota di cassa. Tutto dipenderà dalla loro velocità, dalla capacità con cui sapranno analizzare e valutare le aziende.
Noi faremo la nostra parte, perché non contano soltanto i numeri di un anno catastrofico come questo, ma contano anche la storia e sopratutto la progettualità e la serietà delle nostre aziende e dei nostri imprenditori.

L'Europa – tra crisi economica ed emergenza immigrazione – non ha finora saputo proporre soluzioni e continua ad apparire un insieme di Stati preoccupati prima di tutto di se stessi e dei propri interessi, con crescenti spinte centrifughe. Reggerà, se nei singoli paesi prevarrà chi pensa di avere soluzioni individuali a problemi comuni?
Non dimentichiamo mai, in premessa, che l'unione ha garantito per 70 anni la pace tra Paesi che hanno passato tanti secoli a farsi la guerra l'uno contro l'altro. Del resto la pace è un frutto che discende direttamente dal benessere e dalla distribuzione della ricchezza.
E' però molto difficile essere ottimisti sull'Europa, una costruzione troppo macchinosa e complessa. Le stesse basi sono discutibili: la Costituzione degli USA è composta di 7 articoli e ha dentro tutto quello che serve per tenere unito un paese. Quella europea di articoli ne ha 448, e i risultati in termini di solidità della “costruzione” sono quelli che vediamo. In più è illeggibile, infatti non la conosce nessuno!
L'organizzazione è mastodontica, complicata, elefantiaca. L'Unione conta circa 45 mila dipendenti, mediamente strapagati e supertutelati. Migliaia di persone lavorano per fare le traduzioni incrociate delle 28 lingue parlate. Il Parlamento ha 2 sedi, i deputati, i traduttori... i documenti viaggiano continuamente tra una sede e l'altra con un dispendio immane di tempo e risorse. L'immagine è quella di un leviatano cresciuto a dismisura, che opera al 90% per creare problemi anziché risolverli.
Dobbiamo ritrovare lo spirito e gli ideali con i quali i “padri fondatori” avevano pensato all'Europa, altrimenti si rischia di affondare tra cavilli, interessi di parte e spinte isolazioniste.

Quando si parla di giovani lo si fa spesso per rimarcare l'incertezza crescente della loro condizione, la “fuga dei cervelli” e la tendenza a trovare sbocchi di lavoro e di vita all'estero. Come parlare ai giovani per restituire loro fiducia e obiettivi? E cosa fare concretamente per garantirgli un futuro nel loro paese?
I giovani hanno un modo di ragionare molto più diretto e semplice degli adulti. I giovani vanno all'estero perché questo Paese non intende premiare il merito, difende i privilegi di chi è super tutelato e protetto.
I meccanismi di ingresso e uscita dal mercato del lavoro sono tuttora farraginosi, costosissimi, lentissimi. Il risultato è che le aziende sono enormemente frenate nella crescita, nello sviluppo e nelle assunzioni
Guardiamo la riforma del lavoro di Renzi: nella sostanza una “riformetta”, eppure capace di generare polemiche infinite.
Lo Statuto dei lavoratori è vecchio, superato dai fatti, dalla velocità del mondo che ci circonda, eppure è un Totem intoccabile. Il mondo corre velocissimo, le aziende corrono assieme ai nostri concorrenti asiatici, tedeschi, ecc. L'Italia resta ferma e si impoverisce. I giovani lo capiscono subito, ringraziano e salutano, andandosene all'estero.
Più che una riforma del mercato del lavoro, questo paese avrebbe bisogno di una rivoluzione copernicana.

Un altro terremoto ha colpito il paese, un'altra emergenza da affrontare con lo spirito di grande solidarietà che in questi casi il paese dimostra. Un paese che però continua a dimostrare anche di non riuscire ad affrontare i problemi in modo strutturale, di non guardare su orizzonti lontani...
Nel 2016 è tempo che questo paese affronti finalmente in modo serio ed equilibrato questi disastri, che continuano a ripetersi in modo inaccettabile. Ancora una volta temo però che questo Paese complicherà le cose. Bisogna smetterla con questo modo di fare, bisogna pensare a interventi diffusi e semplici, che costino poco, altrimenti non verrà fatto nulla, come al solito.
E' possibile migliorare enormemente la sicurezza della maggior parte degli edifici senza fare cose complesse e costosissime. Ma ovviamente partirà il solito tormentone dei profeti della "sicurezza", che imporranno interventi che mirano alla sicurezza al 100% ovunque e comunque, con il risultato che non verrà fatto nulla e passeranno altri anni e avremo un altro disastro, identico a questo.
Questi Profeti della perfezione sono i principali responsabili del fatto che non viene mai fatto nulla, non solo in materia di terremoti. Sono convinti di essere i paladini del rigore e invece sono i principali responsabili della morte di tante persone.