27/07/2017

Banche Venete, Vescovi: "No alle generalizzazioni, la nostra posizione è chiara"

Il commento del presidente di Confindustria Vicenza a seguito della chiusura delle indagini sulla Banca Popolare di Vicenza.

Voci, dicerie, imprecisioni e semplificazioni che si leggono in questi giorni, mi vedono costretto di nuovo ad esprimere un chiarimento sulla presunta mancata presa di posizione della mia Presidenza sui fatti della Banca Popolare di Vicenza.



Non è mio stile fare la banderuola, non cambio idea a seconda di come tira il vento. Cerco di esprimermi sui fatti e posso affermare, senza timore di essere smentito, che dal primo giorno in cui sono diventato presidente di Confindustria Vicenza, ho preso e mantenuto una posizione ben chiara sulla questione della Banca Popolare di Vicenza.

L'ho detto pubblicamente nella nostra assemblea 2016, l'ho ripetuto un mese fa alla stampa locale e nazionale e alle agenzie, l'ho ribadito in questi giorni di nuovo alla stampa e alle tv che mi hanno interpellato, lo ripeto per l'ultima volta ora: “Chi ha sbagliato paghi”. Il 20 giugno 2016 dissi: “Alle Istituzioni dello Stato, anzitutto la Magistratura, il compito di valutare se ci sono stati errori, colpe, dolo; e chi ha sbagliato venga giudicato, più in fretta possibile”. E il 26 giugno 2017 esprimevo il timore che, visti i lunghi tempi della giustizia, tutto rischiasse di finire in un nulla di fatto, “esito che, voglio essere chiaro su questo, noi per primi non vogliamo”.
Questa è la nostra posizione ed è stata presa senza usare mezzi termini. La ripeto a chi se la fosse persa negli ultimi 13 mesi. E aggiungo: finalmente si sono chiuse le indagini, speriamo si arrivi presto a stabilire la verità dei fatti.

Ma io non posso sostituirmi alla giustizia. Posso solo, da comune cittadino, sperare che si arrivi presto alla verità e che chi ha diritto ad essere riparato di un danno, lo sia.
Nel mio ruolo di Presidente di Confindustria Vicenza devo invece occuparmi di tutelare le aziende associate, devo fare quanto possibile per far sì che il credito, uno degli ingranaggi fondamentali che fanno andare avanti le aziende, non venga chiuso o limitato, tanto più in un periodo in cui le nostre aziende, tra mille difficoltà, stanno ripartendo o addirittura stanno già correndo.

Premettendo che sulla Popolare di Vicenza ho detto chiaro: “Quando si parla di liquidazione significa che si sta parlando di un fallimento, punto. E rappresenta il fallimento, oltre che dei controllori istituzionali, di un gruppo dirigente il quale, senza che ci si nasconda dietro a un dito, era composto da banchieri, manager, economisti e imprenditori”; se qualcuno vuole fare il complottista del giorno dopo e insinuare che Confindustria Vicenza, in quanto tale, sia complice di un qualche intrigo di palazzo, è fuori strada.

Fino a due anni fa, sul fatto che nei cda delle banche ci fossero degli imprenditori, associati o meno a Confindustria, nessuno ha mai avuto nulla da ridire. Anzi, gli imprenditori erano considerati una risorsa utile, in modo che alle decisioni dei banchieri, dei professori e degli economisti di turno, partecipassero anche esponenti che conoscono le esigenze del mondo produttivo.

Fare il mea culpa non mi spaventa, l’abbiamo già fatto e lo facciamo quando sbagliamo come associazione. L'autoanalisi, come imprenditori e come rappresentanti di un'associazione di categoria, la facciamo ogni giorno, non c'è bisogno che qualcuno ce lo ricordi.

In questa vicenda ci sono alcuni che hanno sbagliato – la magistratura valuterà se lo hanno fatto violando anche la legge –, ma ci sono invece quelli che non hanno colpe.
Non si capisce perché, di fronte a una dozzina di indagati, di cui gli imprenditori sono meno della metà, la classe imprenditoriale vicentina sia messa genericamente ed indistintamente sul banco degli imputati, una classe imprenditoriale che ha subito, assieme a migliaia di altre persone e famiglie, i danni di questo disastro.

Le generalizzazioni spicciole faranno forse comodo a qualcuno, noi qui siamo abituati al ‘lavora e tasi’, anche questa volta andiamo avanti e facciamo la nostra parte per trainare l’Italia con il nostro lavoro assieme a quello dei nostri collaboratori in azienda. Questa sì è l’unica cosa davvero generalizzabile”.

Luciano Vescovi