01/08/2017

Architettura e marmo: l'Archivio Storico Margraf in mostra al Palladium Museum

Dal 20 ottobre saranno esposti a Vicenza disegni originali, un fitto carteggio e materiale video-fotografico delle opere di Hossein Amanat e Fariborz Sahba.

Sarà la mostra “Architettura e marmo: dialoghi tra ingegno e materia. Hossein Amanat e Fariborz Sahba: dove la struttura è spiritualità” (20 ottobre-19 novembre 2017, Cisa - Palladio Museum di Vicenza) ad esporre, per la prima volta, al pubblico il materiale conservato presso l’Archivio Storico Margraf – Industria Marmi Vicentini - che comprende disegni originali, un fitto carteggio, documenti relativi alle diverse fasi costruttive, materiale fotografico, video dell’epoca ed elementi architettonici in scala 1:1.

La mostra, infatti, accompagna il visitatore in un percorso inedito tra le opere architettoniche realizzate nel XX secolo in Medio Oriente e in Asia da due architetti di origine iraniana, Hossein Amanat e Fariborz Sahba. Gli edifici che vengono illustrati nel percorso espositivo hanno come comune denominatore la committenza - la Comunità Baha’i - e l’impiego per la loro edificazione del pregiatissimo marmo pentelikon, ovvero il candido marmo antico di provenienza greca con il quale è stato costruito il Partenone.

Dell’arch. Hossein Amanat (1946), iraniano naturalizzato canadese - enfant prodige che nel 1966 appena laureato all’Università di Tehran vince il concorso per la “Azadi Tower” ovvero l’opera architettonica voluta dall’ultimo Shah di Persia per la commemorazione del 2500 anni della fondazione dell’Impero Achemenide - sono presentati in mostra tre edifici dell'Arco Bahai a Haifa: la “Casa Universale di Giustizia”, il “Centro per lo Studio dei Testi Sacri Bahai”, il “Centro Internazionale di Insegnamento”, ed il “Tempio Baha’i” di Samoa.

Dell’arch. Fariborz Sahba, iraniano di nascita e di formazione naturalizzato americano, saranno esposti i documenti relativi al “Tempio di Loto” a Nuova Delhi e alle 18 terrazze della “Scalinata Monumentale del Mausoleo del Báb” ad Haifa.

Il “Tempio di Loto” realizzato negli anni 80 a Bahapur, in quella che una volta era la periferia di Nuova Delhi, è l’espressione dello studio condotto dal progettista sull’arte e sull’architettura tradizionale indiana, al fine di poter comprendere appieno lo spirito degli abitanti del territorio che avrebbe accolto il nuovo Tempio. Sahba è giunto ad identificare i concetti di purezza, di semplicità e di spiritualità con la forma del fiore di loto, elemento spesso ricorrente nelle culture e dottrine orientali. Il suo progetto rappresenta proprio un fiore di loto, quasi del tutto sbocciato, galleggiante sull’acqua e circondato da foglie.

La sua forma è l’elaborazione geometrica di una sfera che aprendosi si scompone in 18 petali che corrispondono alle 9 entrate al tempio e alla corona di 9 petali esterni del fiore, mentre una rotazione toro della circonferenza porta alla elaborazione dei 9 petali interni. L’edificio dunque come sviluppo geometrico della forma purissima che è la sfera.

Il rivestimento in marmo pentelikon, presente su tutta la superficie esterna dell’intera costruzione e sugli archi interni, è stato preparato in Italia dalla Margraf (allora Industria Marmi Vicentini) che ha provveduto al taglio di lastre , per una complessiva superficie di circa 10.000 m2 seguendo la sagomatura di ciascun pannello secondo la forma calcolata in modo da seguire la geometria e le linee architettoniche dell’edificio; infine il materiale è stato spedito e posto in opera in cantiere.

Il percorso espositivo si conclude con la presentazione di un innovativo progetto di Raffaello Galiotto, Arcolitico: un arco parabolico sperimentale in Fior di Pesco Carnico - di cui Margraf possiede l’unica cava esistente al mondo - dalle dimensioni importanti (12x3,5x14,5m.), progettato a computer con software parametrici e lavorato esclusivamente a taglio con l’impiego di telaio a filo controllato numericamente.

Con questo progetto, il designer supera il tradizionale concetto di modellazione della materia litica mediante asportazione dell’eccesso e realizza la forma, complessa, curva, scanalata e vuota, mediante separazione, dividendo le parti e riducendo lo scarto quasi allo zero.

Con il tema simbolico dell’arco si erge un portale d’ingresso verso una nuova stagione in cui la pietra, lavorata con tecnologie avanzate, può ancora esprimere le sue molteplici potenzialità con un linguaggio formale del tutto contemporaneo.