11/04/2018

Dazi USA: rischio guerra commerciale, la politica protezionistica danneggia tutte le parti

La nota del Centro Studi Confindustria fa il punto sulle conseguenze del moltiplicarsi delle barriere tariffarie introdotte dagli Stati Uniti da inizio 2018.

All'indomani dall'introduzione dei dazi su acciaio e alluminio era immediatamente intervenuto il presidente di Confindustria Vicenza Luciano Vescovi, segnalando i rischi per le aziende del territorio vicentino e auspicando un intervento urgente dell'Unione Europea.



La successiva decisione di Trump di sospendere i la misura per i paesi membri dell'UE è stata poi commentata positivamente dal vicepresidente con delega ai Mercati Esteri Remo Pedon, che ha però sottolineato il permanere di timori per una possibile "guerra commerciale".

La nota diffusa dal Centro Studi Confindustria sembra confermare proprio la presenza di questi rischi, che avrebbero una ricaduta estremamente dannosa per il commercio internazionale e per l'export italiano. Da quanto emerge i dazi sono già applicati all’import di lavatrici e pannelli fotovoltaici (8 miliardi di dollari) e di acciaio e alluminio (45 miliardi, di cui 30 temporaneamente esentati). E sono annunciati su 1.300 prodotti cinesi, anche ad alta tecnologia, per 50 miliardi di acquisti USA.

L’obiettivo dell’amministrazione Trump è ben definito: cambiare le regole del gioco degli scambi globali, indebolendo il ruolo di arbitro internazionale del WTO per far valere il peso degli Stati Uniti in contrattazioni bilaterali con i partner commerciali.

Le motivazioni profonde sono connesse all’emergere del gigante cinese. La Cina, infatti, è ancora un’economia non di mercato e si avvale di pratiche scorrette, come il dumping, in particolare nei metalli, e le acquisizioni forzate di conoscenze proprietarie, specie tecnologiche. Soprattutto, l’esplosione industriale cinese ha spiazzato intere filiere produttive nel mondo avanzato; determinando, secondo alcune stime, la perdita di un milione di posti di lavoro nel manifatturiero americano.

La risposta protezionistica ha effetti controproducenti per la stessa economia USA e fortemente destabilizzanti per gli equilibri geo-economici globali. Nel caso di acciaio e alluminio, i dazi favoriscono l’attività siderurgica USA ma penalizzano molti settori manifatturieri domestici che si riforniscono di metallo. Studi empirici ed esperienze passate puntano a un effetto complessivamente negativo per l’economia statunitense.

Le barriere tariffarie danneggiano, evidentemente, i partner commerciali. Compresi quelli esentati dai dazi, perché distorcono i flussi di scambio e interrompono le catene globali del valore. E provocano, quindi, reazioni uguali e contrarie da parte dei paesi colpiti. La Cina ha già applicato contro dazi su 3 miliardi di dollari di acquisti dagli USA e si appresta a vararne su altri 50 miliardi, in risposta alle prossime tariffe americane.

Regna l’incertezza, che già di per sé blocca commesse e investimenti all’estero. Ma il vero pericolo è quello di cadere in una spirale di misure e contro-misure protezionistiche, cioè in una guerra commerciale. In quel caso, come insegna la storia, sarebbero a rischio gli stessi rapporti economici e politici tra le nazioni.