05/09/2018

Vescovi al Governo: "Le imprese non sono il nemico, è urgente un confronto per la crescita e la competitività"

"In occasione dell'Assemblea incontreremo due esponenti dell'Esecutivo. La contrapposizione è un autogol per il Sistema Paese".

Presidente Vescovi, pochi giorni fa dall’Ocse è arrivata una doccia gelata: l’economia italiana è l’unica del G7, escluso il Canada di cui non si hanno ancora i dati, che rallenta la propria crescita. Si è passati dal +0,3% del primo trimestre dell’anno, al +0,2% del secondo. Segnale preoccupante?
Sicuramente se il trend è in discesa non è una bella notizia, non lo sarebbe stato neanche nel caso avessimo segnato un +0,3% o +0,4%: sono numeri bassi, che prospettano una crescita annua del più uno virgola qualcosina. Il nostro Paese, con il debito enorme che ha, con la necessità di investimenti, con un programma di Governo che, almeno sulla carta, è costosissimo, questi numeri non se li può permettere.

Da parte vostra, cosa proponete?
Alle Assise di Verona, prima delle elezioni, Confindustria ha lanciato delle proposte serie e circostanziate per puntare ad una crescita cumulata di 12 punti percentuali in cinque anni. Sarebbe davvero bello che, con la legge di bilancio alle porte, si potesse discutere con il nuovo Governo di una strategia di politica economica a medio e lungo termine partendo da quel documento che metteva al centro un piano per l’occupazione dei giovani per cui, a fronte di un’assunzione a tempo indeterminato, ci fosse una decontribuzione totale degli oneri fiscali per i primi anni.

Credete che ci sia la possibilità di un confronto con il Governo su questi temi?
Non possiamo nasconderci dietro un dito, il rapporto tra il mondo delle imprese e il Governo non è iniziato nel migliore dei modi.

Si riferisce al decreto dignità?
Certo, anche perché ad oggi è l’unico atto concreto fatto da questo Governo. Come abbiamo avuto modo di dire compatti, specialmente in Veneto, crediamo sia stato un autogol per il Sistema Paese. Non solo da un punto di vista pratico - pare davvero ci sia una mancanza di conoscenza del funzionamento della realtà manifatturiera internazionalizzata europea - ma anche per il segnale che viene dato alle imprese. Come Paese sembriamo inadatti allo sviluppo del business e della competitività e diamo l’impressione di essere ancora una volta troppo inaffidabili per chi vuole investire qui. A fronte di tutto ciò, comunque, da parte di Confindustria permane la volontà di avere un confronto aperto su come migliorare il nostro Paese, tanto è vero che incontreremo ben due esponenti dell’Esecutivo alla nostra assemblea di fine settembre. Come ha detto Vincenzo Boccia, speriamo che questa contrapposizione abbia caratterizzato solo la fase iniziale di questa legislatura e che ci sia invece la volontà da parte del Governo di coinvolgere e confrontarsi con i rappresentanti dell’industria, tanto più che siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa. Le imprese, come diciamo sempre, non possono essere viste come un nemico.

A questo proposito, il crollo del ponte Morandi ha riportato in auge il tema delle nazionalizzazioni che, soprattutto in tema di infrastrutture strategiche come quelle stradali, interessa in maniera importante le linee di sviluppo economico di un Paese. Qual è il punto di vista degli imprenditori?
In primis mi preme fare una considerazione generale sul metodo con cui la politica sta gestendo il dibattito pubblico: bisogna smetterla di dare risposte affrettate a temi complessi. Capisco che questo atteggiamento porti dei vantaggi in termini di consenso immediato, ma poi il conto delle dichiarazioni fatte per partito preso, senza attendere i riscontri, dati e analisi, viene fatto pagare a tutti i cittadini. Per quanto riguarda Genova, accanto alla solidarietà nei confronti della città e al grande dolore per le vittime a cui si devono precedenza assoluta e aiuti concreti; questa immane tragedia può rappresentare anche un punto di svolta per effettuare davvero un cambiamento radicale in questo Paese, ponendo le basi per una cultura della manutenzione che manca completamente. La nazionalizzazione, invece, è la solita tentazione di chi confonde proprietà e gestione dei beni pubblici. I beni strategici devono essere di proprietà pubblica, ma la gestione privata è la migliore formula, ovviamente associata a grande trasparenza, concorrenza aperta e a controlli seri e continui da parte del regolatore.

Quali soluzioni prospettate sul lato infrastrutturale quindi?
L’Italia, le imprese, i cittadini hanno bisogno di normalità e di stabilità per un periodo lungo, con regole certe e consolidate. Bisogna quindi smetterla di continuare a rivedere ed aggiornare le regole negli appalti. Ogni volta che ci mettono le mani complicano e peggiorano la situazione, perché l’Italia è incastrata in un groviglio inestricabile di norme che rendono tutto complicatissimo e costosissimo. Ogni volta che i liberi concorrenti privati comprendono le norme e riescono a gestire e partecipare ordinatamente alle gare pubbliche, arriva un nuovo ordinamento che stravolge e ferma tutto per anni. Tutto ciò non solo è un problema per le imprese, ma è anche impattante sull’efficienza e sulla rapidità con cui si realizzano le opere.

Non c’è proprio spazio per parole d’ottimismo?
A fronte delle preoccupazioni per il prossimo futuro, bisogna dire che il Veneto e Vicenza stanno confermando il dinamismo che li caratterizza. Il primo trimestre del 2018 ha confermato i dati molto positivi del 2017: a Vicenza la produzione cresce oltre il 3%, e l’occupazione di oltre 2 punti percentuali. Addirittura, ci troviamo a vivere il paradosso per cui alcune aziende non accettano certe commesse perché la domanda supera le proprie capacità produttive o, e questo è un tema importante per il nostro territorio, perché non si trova abbastanza personale specializzato da inserire in azienda. Ci piacerebbe misurarci su questi temi, di crescita e competitività, sia con il governo centrale che con la Regione, tanto più se la questione dell’Autonomia, molto cara ai nostri imprenditori, riuscisse a trovare pratica attuazione in tempi brevi.