28/05/2019

Rapporto sull’industria italiana: " Dal multilateralismo al regionalismo"

Il secondo di dieci messaggi chiave sui fenomeni in corso nella manifattura, elaborati dal Centro Studi Confindustria.

La manifattura mondiale sta uscendo da una lunga fase di sviluppo, avvenuta nel segno della globalizzazione. Il tramonto di questa fase, che aveva visto affermarsi a livello mondiale una visione multilaterale degli scambi internazionali e una progressiva liberalizzazione dei mercati, apre un orizzonte nuovo, e pone le economie industriali (antiche e recenti) di fronte a percorsi inediti.

Perciò nel suo "Rapporto sull’industria italiana 2019", il Centro Studi Confindustria ha elaborato dieci messaggi chiave sui fenomeni in corso nella manifattura italiana e mondiale.

Quello seguente è il punto numero 2 (il precedente, “Nel mondo qualcosa è cambiato” è qui).

2. Dal multilateralismo al regionalismo

Multilateralismo e regionalismo hanno attraversato gli anni che vanno dal dopoguerra a oggi intersecandosi continuamente, spesso sovrapponendosi e senza mai realmente alternarsi. La fase attuale vede una nuova accentuazione delle tendenze regionaliste.

Già a partire dalla crisi, le politiche commerciali si sono fatte dichiaratamente selettive, avviando un percorso di discriminazione fra i diversi partner: in alcuni casi esplicitamente escludendoli – più o meno selettivamente – dal perimetro dei propri confini commerciali (protezionismo), e in altri invece scegliendoli attraverso accordi di tipo bilaterale, a scala prevalentemente regionale.

Il grado di regionalizzazione degli scambi si era ridotto nella fase più intensa della globalizzazione (per poi tornare ad aumentare negli anni più recenti), ma gli scambi non sono mai diventati effettivamente globali, e anche nella fase della globalizzazione sono rimasti concentrati nelle tre grandi aree continentali: Nord America, Europa, Asia orientale.

Rispetto al passato esiste una differenza importante. Una quota rilevante degli scambi è infatti oggi dovuta a ragioni di tipo produttivo, e non semplicemente commerciale, ovvero all’esistenza di catene del valore frammentate in senso verticale e ormai distribuite a scala internazionale.

Questo fa sì che la forma attuale della rete degli scambi sia caratterizzata da un grado di inerzia molto alto, e che l’ambizione di “riportare in patria” produzioni precedentemente dislocate altrove (nel mondo emergente) sia destinata a ridimensionarsi.

In un recente documento, inoltre, il CSC mostra come nei paesi europei il grado di “regionalizzazione” del loro interscambio commerciale (peso degli scambi intra-area rispetto agli scambi totali) è molto più alto di quello delle altre due grandi aree commerciali (Nord America e Asia orientale), anche se si è ridotto negli anni della globalizzazione.

L’estensione delle reti di scambio intraeuropee riflette l’elevato grado di interdipendenza raggiunto all’interno del continente anche sul piano produttivo. Esiste cioè una integrazione sistemica dei diversi paesi europei che va al di là del perimetro formale degli accordi commerciali.

L’organizzazione della manifattura chiede ormai di essere pensata su base continentale, anche in termini degli ambiti produttivi da considerare strategici per costruire un’industria competitiva a livello globale.