01/11/2022

Lavoro, Confindustria Vicenza: “Il Governo punti sul taglio del cuneo fiscale”.

Il Vicepresidente Alberto Favero: “Possibili anche interventi a costo zero contro la burocrazia e poi c'è la questione della mancanza di lavoratori".

“Sono solo i primi giorni e quindi l’azione di Governo è solamente in via di definizione, ma visto che siamo ormai tutti coscienti che anche nel ci aspetta un 2023 un’inflazione galoppante, l’azione urgente che mi aspetto emerga nel dibattito pubblico è quella del taglio, anche molto importante del cuneo fiscale. Il Vicepresidente con delega alle Relazioni Industriali di Confindustria Vicenza Alberto Favero individua molto nettamente il tema principe che, per le imprese, dovrebbero occupare le agende del Governo Meloni.

“Il taglio del cuneo fiscale – continua - rappresenterebbe una boccata d’ossigeno per tutti: per le imprese che devono riuscire a rimanere competitive nel mercato internazionale tenendo conto che devono far fronte ai rincari energetici e delle materie prime che tutti conosciamo e che rischiano di bloccare produzioni intere e dare il via a chiusure e casse integrazioni. Ma ovviamente un taglio del cuneo rappresenterebbe un aiuto diretto a lavoratori e famiglie che aumenterebbero il proprio potere d’acquisto per far fronte sia al rincaro delle bollette, in vista dell’inverno, sia al generale aumento dei costi, dal supermercato ai beni durevoli. Si tratta di un modo anche per non alimentare il circolo vizioso inflattivo in cui siamo immersi già da due anni”.

La proposta già elaborata dal Centro Studi Confindustria prevedeva di impegnare 16 miliardi di euro per una riduzione del cuneo contributivo sul lavoro dipendente per lavoratori con redditi fino a 35mila euro, così suddiviso: due terzi per la riduzione dell’aliquota a carico dei lavoratori, pari a circa 10,7 miliardi; un terzo per la riduzione dell’aliquota a carico dei datori di lavoro, pari a circa 5,3 miliardi. Per i lavoratori con 35mila euro di reddito da lavoro, ciò implicherebbe una mensilità in più all’anno.

“Si tratta di una cifra sicuramente non banale, ma parliamo di ridistribuire risorse per contribuire a far girare l’economia, in termini di produzione e consumi interni, dopo un anno in cui gli extraprofitti ci sono stati anche per lo Stato”, aggiunge Favero.

“Detto questo ci sono anche interventi che lo Stato può attuare a costo zero, liberando, al contempo, le aziende da oneri che sono invece particolarmente pesanti”, spiega il Vicepresidente di Confindustria Vicenza riferendosi agli oneri burocratici che oggi a vario titolo zavorrano le imprese nella gestione dei rapporti di lavoro. “Penso ai pesanti adempimenti imposti alle aziende dal cosiddetto decreto trasparenza che pone in capo al datore di lavoro nuovi e specifici obblighi di informazioni relativi alle condizioni applicate al rapporto di lavoro ben al di là di quanto previsto dalla normativa europea. È stato un provvedimento che il precedente ministro del lavoro ha gettato sulle spalle delle aziende ad agosto, senza tenere in minimo cono l’impatto stravolgente che avrebbe avuto sui loro aspetti organizzativi, come immediatamente lamentato da Confindustria, rendendo la redazione dei contratti di assunzione ancora più burocratici e complessi di quanto già siano”.

Infine, Favero ribadisce l’appello che aveva già lanciato lo scorso aprile, ribadito anche dalla Presidente di Confindustria Vicenza Laura Dalla Vecchia: “Mancano lavoratori nelle imprese manifatturiere. Le cause sono moltissime e, come sottolineato da tutte le parti sociali, non si riesce ad intravedere la chiusura di questo gap vista anche la drammatica denatalità del nostro paese. Ci attendiamo sicuramente delle misure per sostenere la natalità, ma nell’immediato è diventato irrimandabile rivedere la gestione dei flussi migratori finalizzati all'inserimento lavorativo, agevolando l'ingresso di persone qualificate e superando il vecchio sistema delle quote numeriche. Questo, ad esempio, semplificando l'incrocio tra offerte trasparenti di posti di lavoro scoperti e il possesso documentato, da parte del lavoratore straniero, di titoli di studio, qualifiche ed esperienza professionale adeguate e inerenti alle richieste, come succede in altri paesi dell’UE, come la vicina Germania”.

“Per altro verso – conclude il Vicepresidente - occorrerebbe ripristinare la possibilità di consentire l'ingresso per svolgimento di tirocini di formazione professionale presso aziende italiane le quali, al termine dei tirocini, si impegnino ad offrire una proposta di inserimento lavorativo, anche a tempo determinato di durata minima, ad un numero minimo di tirocinanti stranieri risultati idonei all’inserimento”.



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