18/09/2023

Il B2B è molto divertente, ma non lo sa - di Alessandro Mininno

Recuperare creatività e rilevanza nella comunicazione del manifatturiero.

Un intero comparto senza direttori marketing

La sede dell’agenzia in cui lavoro, Gummy Industries, è a Brescia: si tratta di una provincia con una vocazione storica all’industria, alla manifattura e al B2B. Posso dire, con orgoglio, di aver incontrato innumerevoli clienti che si occupano di profittevoli e spesso sconosciute produzioni metallurgiche, meccatroniche, meccaniche.

Si tratta di imprenditori molto diversi dai loro omologhi che si occupano di prodotti di largo consumo: non pensano al brand, pensano solo a fatturare. Parliamo di aziende la cui comunicazione è guidata da un potente reparto commerciale e che sovente non hanno nemmeno un marketing manager. Se investono in comunicazione pretendono un ritorno immediato e facile da misurare. Si impongono di comunicare con un numero di strumenti molto ridotto, retaggio di un tempo in cui potevano incontrare il pubblico in modo facile in un paio di fiere di settore e fare comunicazione significava impaginare un catalogo di viteria.

Il motivo del completo disinteresse verso il marketing sarebbe da cercare nei prodotti difficili da raccontare, in un target molto concentrato (a volte, poche decine di possibili clienti) e nella scarsa rilevanza del brand nella decisione d’acquisto.

Penso che non sia così e che le aziende B2B possano rivedere il modo in cui si approcciano al mercato, dimostrando il proprio carattere, rinnovando gli strumenti di comunicazione e, addirittura, vendendo di più.

 

Che paura: i clienti mi scrivono su Instagram

Negli ultimi trent’anni il mondo dell’industria è cambiato molto: la concorrenza è diventata realmente globale, gli uffici acquisti si sono rinnovati e c’è stato, in molti casi, un cambiamento generazionale.

Se la parola “cambiamento generazionale” vi rende increduli, sappiate che oggi chi compra e chi influenza le decisioni d’acquisto nelle aziende B2B nel 40% circa dei casi ha meno di 40 anni, secondo dati Snapapp / Heinz Marketing.

Essendo un Millennial tenderà a cercare nuovi fornitori online e, addirittura, proverà a contattare le aziende tramite i canali digitali e i social. Le aziende, da parte loro, sono costrette a mantenere i canali digitali in modo diligente e addirittura - orrore! - a rispondere, se qualcuno dovesse contattarle su Instagram.

Se la mia percezione che gli sforzi di comunicazione delle aziende B2B siano del tutto sbilanciati nella direzione della vendita e trascurino completamente la costruzione di un brand (un marchio, un’immagine, un carattere) fosse reale, forse varrebbe la pena di fare uno sforzo per cambiare paradigma a più presto. I dati suggeriscono che il brand sia un fattore essenziale nel processo di scelta da parte dei clienti anche nel B2B. Una recente ricerca (FleishmanHillard) ci dice che, nel B2B, il marchio è un valore chiave per il 32% dei buyer. La ragione è semplice: se dovete pensare a un fornitore di tubi, e vi viene in mente un solo nome, è probabile che alla fine sceglierete proprio quel fornitore e che sarete disposti a pagare un po’ di più, per avere proprio quei tubi. Tutti vorremmo essere la Coca Cola dei tubi.

In fondo, è proprio questo il motivo per cui nasce il branding: per aiutare il consumatore, che si trova davanti a una scelta difficile, per la quale non ha tutte le competenze. Aver costruito un marchio noto, memorabile, che veicola alcuni valori, rassicurerà il cliente, lo agevolerà nella scelta e lo indurrà a un premium price. Vale per le sneakers come per le presse idrauliche.

 

Aziende B2B su TikTok

Lo sa bene la startup italiana Vedrai, che vende un software di intelligenza artificiale proprio alle PMI manifatturiere. Nonostante il servizio sia sofisticato e il target sia interamente B2B, Vedrai ha concentrato i propri sforzi di comunicazione su un canale come TikTok che, a prima vista, sembrerebbe distante dagli obiettivi aziendali.

In realtà imprenditori, responsabili finanziari e buyer (il target della startup) sono dei normali quarantenni che, come molti, dedicano una parte della propria giornata a intrattenersi su TikTok. La piattaforma di social video diventa il canale perfetto per comunicare un servizio nuovo a un pubblico che sarebbe difficile raggiungere in un altro momento. Alcuni dei contenuti di Vedrai raggiungono e superano il milione di visualizzazioni, contribuendo a costruire il brand e a migliorare l’employer branding.

Naturalmente lavorare con i canali digitali significa anche saper adattare il tono di voce: è evidente che il linguaggio aziendale da comunicato stampa di età fantozziana non può funzionare su TikTok. Lo sa bene il produttore di macchine per l’agricoltura John Deere, che ha imparato a essere autoironico su Instagram, addirittura collaborando con dei giovani influencer e progettando un livello di Minecraft, un videogioco molto diffuso tra i ragazzini.

Significa anche comprendere le variabili di branding: la costruzione del marchio non passa per il prodotto, per le sue caratteristiche e il suo prezzo, se non in piccola parte. Le migliori campagne di branding non sono collegate a un singolo prodotto ma puntano a costruire la notorietà dell’azienda facendo leva sui valori. Per chi ha identificato il marketing con la produzione di un catalogo di bulloni questa è una realtà molto poco intuitiva.

A volte sembra molto difficile parlare con un pubblico ristretto: è il caso delle aziende di arredamento, che ambiscono a parlare con pochi contractor, responsabili dell’allestimento di interi edifici. I buyer sono pochi, hanno poco tempo e sono continuamente sollecitati da tutti i player del settore.

In questo caso il digitale è uno strumento potente, perché ci permette di comunicare in modo efficace con un numero ristretto di persone, scegliendo i canali giusti. Per esempio, possiamo evitare i canali di massa come Facebook e Instagram, se il nostro obiettivo è parlare a una piccola nicchia.

 

Essere memorabili non è un crimine

Oppure possiamo invertire il canale di comunicazione e fare in modo che siano i clienti stessi a lasciarci i loro contatti, se creiamo qualcosa di interessante. È quello che ha fatto il produttore di mobili LAGO, producendo una rivista destinata esclusivamente ai contractor, intitolata “Good design is good business”, e inviandola gratuitamente ai potenziali clienti.

Spesso, chi si occupa di manifattura parte dal prodotto e non lavora sul nome dell’azienda né sul brand: di frequente le imprese B2B si chiamano con le iniziali dei fondatori o con una derivazione del prodotto. I brand B2B sono raramente memorabili. Ma non deve necessariamente essere così: il più noto fornitore di software per le newsletter, un servizio totalmente B2B e veramente noioso, si chiama Mailchimp, ha una scimmia nel logo e si è sempre contraddistinto per una comunicazione divertente, al limite del demenziale.

Il brand serve a farsi ricordare: le aziende manifatturiere potrebbero osare di più e divertirsi di più. Basterebbe poco per essere memorabili, soprattutto in un sistema in cui i competitor fanno di tutto per essere identici, noiosi e dimenticabili.

 


Alessandro Mininno sarà docente del
Master Executive in Digital Marketing B2B e B2C 2023/2024
e in particolare del corso dedicato Instagram e TikTok B2B e B2C.

 

Entro il 30 settembre è possibile approfittare del seguente sconto
OFFERTA MASTER ENTRO IL 30/9
tutti i corsi a 1.790 € + IVA per associati a Confindustria Vicenza o 2.280 € + IVA per non associati
(anziché 2.080 € + IVA per associati o 2.650 € + IVA per non associati).


Clicca qui per vedere il programma con tutti i corsi del Master.



Photo by Diego PH on Unsplash

Alessandro Mininno

Alessandro Mininno

Co-fondatore e amministratore delegato di Gummy Industries, agenzia di digital marketing. Partner di Talent Garden, rete di coworking e innovation school presente in tutta Europa, di in3ventures, società di consulenza di innovazione e corporate venture capital, e di Flatmates, l'agenzia di influencer marketing fondata da Gummy Industries insieme allo YouTuber Marcello Ascani.