03/10/2023

Il marketing digitale deve guidare le strategie di export - di Antonio Deruda

Luci e ombre dell'export digitale: cresce il valore ma sono ancora bassi i livelli di digitalizzazione delle PMI.

L’export digitale italiano B2C ha raggiunto nel 2022 il valore di 18,7 miliardi, in crescita del 20,3% rispetto all’anno precedente, con un aumento annuo di circa 3 miliardi di euro. La vendita di beni tramite un e-commerce proprio, marketplace o un retailer online rappresenta oggi una quota pari all’8,8% dell’export complessivo del nostro Paese. I settori più rilevanti sono quelli tradizionali del Made in Italy: il Fashion con 10,1 miliardi di euro, il 54% del totale, il Food & Beverage, 2,6 miliardi di euro, +18,2% rispetto al 2021, e l’Arredamento, 1,3 miliardi di euro, in crescita del +13% rispetto al 2021.

Sul fronte del commercio tra aziende, l’export digitale B2B è salito nel 2022 a 175 miliardi di euro, in crescita del +20% rispetto all’anno precedente e rappresenta circa il 28% del totale dell’export italiano. In termini di incidenza, gli ambiti che pesano di più sono l’Automotive, il Fashion e la Meccanica.

Numeri interessanti certificati da una recente ricerca dell’Osservatorio sull’Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano che, accanto ai confortanti dati di crescita, mette però in evidenza anche delle ombre. Secondo l’analisi, infatti, la maggior parte delle PMI si colloca su bassi livelli di digitalizzazione nell’adozione dei canali di vendita online, nell’uso di tecnologie a supporto dell’export e nell’utilizzo di indicatori strutturati per la valutazione dei progetti di internazionalizzazione. Resta, dunque, ancora diffusa nel nostro ecosistema una scarsa propensione alla digitalizzazione, frutto spesso di carenza di competenze digitali che andrebbero affiancate a quelle tradizionali di chi definisce le strategie di export di un’azienda. 

Oggi approcciare un mercato richiede l’individuazione degli strumenti online migliori per generare opportunità di business e contatti, la capacità di profilare il pubblico target locale, la conoscenza di tattiche di lead generation e social selling, l’eventuale valutazione sull’apertura di un proprio e-commerce o sul posizionamento nei marketplace. Tutte queste attività vengono spesso affrontate dalle aziende dopo che la scelta del mercato è già avvenuta, mentre andrebbero trasferite a monte, nella fase strategica iniziale che porta alla selezione dei Paesi nei quali operare e delle modalità di azione. 

La capacità, rafforzata ancora di più dall’intelligenza artificiale, che il marketing digitale offre per raccogliere dati sul comportamento delle persone e sui percorsi di acquisto può essere sfruttata in modo efficace solo se viene promossa a livello strategico. I canali digitali diventano così non solo strumenti tattici di promozione, ma contribuiscono alle scelte chiave di proiezione internazionale delle aziende. Seguendo questo approccio, i prossimi dati sull’export digitale italiano potranno non solo certificare un’auspicabile crescita dei fatturati (che però non equivale sempre a una crescita dei volumi), ma anche una nuova cultura della digitalizzazione delle nostre imprese, sempre più necessaria nel nuovo contesto competitivo mondiale.

 


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Antonio Deruda

Antonio Deruda

Consulente e docente di comunicazione digitale con vent’anni di esperienza. Tiene numerosi corsi in master universitari e scuole di specializzazione. È professore a contratto di Psicologia della Comunicazione e Neuromarketing. Organizza corsi su molteplici aspetti del digitale per aziende aderenti a Confindustria. Ha lavorato a progetti di formazione promossi da Microsoft, Vodafone, Samsung, Fastweb, Sky e Google. È trainer certificato Facebook e collabora con la multinazionale sui loro progetti di formazione italiani ed europei. Ha coordinato la comunicazione digitale della presidenza italiana del G20.