In azienda si è diffusa moltissimo la figura del project manager, spesso però attribuendo a questo ruolo capacità quasi taumaturgiche per poter risolvere qualsiasi situazione, assegnandogli quindi un “mix” di responsabilità che a volte vanno ben oltre il concetto di “progetto”.
Per chiarire ulteriormente questo concetto immaginiamo di essere in una realtà aziendale e lanciare un’iniziativa: la realizzazione di un nuovo stabilimento. La tendenza, molte volte, è definire già questo un “progetto”, nominando un project manager che dovrà curare tutta la realizzazione di questo stabilimento fino a diventare responsabile di tutti gli aspetti collegati.
In realtà esiste una disciplina specifica (e quindi una fase dell’iniziativa) detta di Business Analysis che serve per verificare anzitutto se l’iniziativa è “sensata”. Qual è l’obiettivo ultimo di questo stabilimento? Cosa è destinato a produrre? Quali risultati ci aspettiamo in relazione ai costi? Esistono delle alternative? Sono solo alcune delle domande che è in questa fase è necessario porsi.
Una volta definiti questi aspetti (semplificando potremmo dire di avere pronto il “Business Case”) è possibile nominare un project manager a cui sarà dato il compito di realizzare lo stabilimento secondo le specifiche, le tempistiche e i costi che verranno definiti. È poi la stessa disciplina della Business Analysis che si occupa di verificare, una volta concluso il progetto, che i benefici del progetto siano quelli attesi.
Una volta concluso il progetto, la responsabilità passerà al responsabile di stabilimento che si occuperà di gestire le attività di “routine”, questo passaggio sarà formalizzato proprio in fase di chiusura di progetto (una fase purtroppo sempre troppo trascurata). In gergo si dice che il “business as usual” riprende ad un livello differente.
Ovviamente tutte queste distinzioni non devono essere interpretate rigidamente, ma sono utili per riflettere sulle fasi fondamentali e sui relativi obiettivi.
Supponiamo ora che le persone che dovranno lavorare in questo stabilimento, molto più moderno di quelli attuali, non siano state adeguatamente formate per utilizzare al meglio le nuove tecnologie. Di conseguenza i nuovi impianti verranno utilizzati male e la loro produttivià potrebbe essere inferiorie rispetto a quella attesa.
Questa problematica, sempre semplificando, non deriva dal “progetto” in sé, ma dalla gestione del cambiamento che qualsiasi progetto comporta (il progetto interrompe sempre uno status quo). È necessario quindi curare molto anche questa tematica per la quale esiste una metodologia precisa detta Change Management. Anch’essa con i suoi processi, ruoli, confini.
Proviamo ad andare oltre, ipotizzando ora che questa iniziativa preveda, oltre al nuovo stabilimento, anche un nuovo sistema logistico automatico. Ecco che dalla gestione del progetto si passa alla gestione del programma (ovvero di più progetti collegati tra loro). Questa attività richiede a sua volta competenze e responsabilità differenti. Il program manager dovrà verificare che i progetti siano eseguiti in modo coordinato, di avere disponibilità di persone per entrambi i progetti, di organizzare attività e tempi al fine di ottimizzare i risultati di tutta l’iniziativa nel suo complesso.
Se poi l’azienda usata per questa metafora volesse gestire l’apertura di più stabilimenti (con o senza nuovo impianto logistico) ecco che saremmo di fronte alla gestione di un portafoglio progetti (insieme di progetti e programmi).
Per passare da un’idea ad un progetto ci sono quindi molti aspetti (e altrettante discipline) da valutare, il project management è una di queste ma, da solo, non è sufficiente per poter portare a compimento un’iniziativa.
Inoltre, per fare tuti questi passaggi in modo efficace vi è una dimensione “trasversale” che è fondamentale gestire: il tempo!
Per fare le attività previste serve ovviamente conoscere le tematiche descritte ma anche avere il tempo per poterle applicare. Questo non vuol dire che ci si debba necessariamente “burocratizzare”. I passaggi descritti devono essere adattati al contesto e possono essere anche molto semplici. L’importante è non darli per scontati e associarli tutti alla gestione del progetto.
Serve quindi pianificare le varie fasi, con il tempo necessario, ma anche dimensionare bene il “tempo” (nel senso di capacità produttiva) delle persone che saranno coinvolte, per assicurarsi che quanto ipotizzato sia poi realizzabile (e, ad esempio, non ci sia sovrapposizione con altre iniziative, o con l’attività di routine etc.).
In tutto questo è quindi fondamentale un’altra tematica, spesso considerata una “soft skill” essenziale in qualsiasi ambito lavorativo: la gestione del tempo (in particolare del proprio), in modo da poter essere efficaci in qualsiasi fase, progetto o attività si stia gestendo.
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