Laura Dalla Vecchia, presidente Confindustria Vicenza:
"La situazione del commercio internazionale è seriamente compromessa a causa di scelte politiche, a livello di Unione Europea e non solo, con conseguenze pesanti per il settore manifatturiero.
Abbiamo già lanciato più volte questo allarme durante l'ultimo anno, ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Dalla politica pare che nessuno se ne curi: la manifattura non è considerata elettoralmente interessante e quindi si sposta l’attenzione del cittadino in direzione dei risultati del turismo, sovrastimandoli e strumentalizzandoli,
Le "multinazionali tascabili" di Vicenza e del Nordest, campionesse di innovazione e qualità, stanno perdendo quote di mercato. Il territorio corre un concreto rischio di desertificazione industriale e lavorativa. La difficoltà economica e il disinteresse della politica non incentivano le imprese a continuare a investire sul territorio.
Anche le operazioni straordinarie di apertura o cessione del capitale sono all’ordine del giorno, con conseguenze sulla crescita futura del territorio. Le nostre imprese sono nate spesso come spin-off di aziende più grandi, ma questo effetto virtuoso sparirà gradualmente se continuiamo a penalizzare o a perdere il controllo delle aziende locali.
Una delle cause principali della crisi è una legislazione europea penalizzante e ideologica. Il Green Deal, ad esempio, è stato implementato senza adeguato coinvolgimento di chi produce. La riduzione delle emissioni è un obiettivo condiviso, ma deve essere perseguito con tempi e tecnologie valutate assieme all'industria, evitando approcci ideologici che peraltro, proprio alle recenti Europee, sono stati puniti dagli elettori visto che i cittadini hanno già iniziato a subirne i primi danni. E se non si cambia velocemente marcia, di danni ne seguiranno altri.
Razionalità, scienza e condivisione sono essenziali per un’efficace politica ambientale, ovvero il contrario di quanto fatto nella scorsa legislatura UE.
Penso però anche al Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) che tassa le importazioni di materie prime ad alta intensità di carbonio, aumentando i costi per le aziende europee e penalizzandone la competitività. Questo favorisce i rivali americani e asiatici e comunque tutti coloro che non hanno scrupoli ambientali e stanno rapidamente conquistando le quote di mercato che noi perdiamo. Con il CBAM non si danneggiano gli inquinatori, che operano altrove: si danneggiano le industrie UE, che hanno standard molto più alti.
Un altro elemento critico è rappresentato dai dazi e dalle sanzioni. Sebbene siano giustificabili da intenti condivisibili, come la tutela del diritto internazionale, colpiscono duramente più le aziende europee che le realtà obiettivo delle sanzioni. Questo perché sono mal concepiti o, peggio, pensati in mala fede. Non sono infatti bloccate solo le esportazioni di prodotti "dual use" (prodotti che possono avere sia un utilizzo civile che militare), ma anche le merci “ad uso industriale”. Con il pretesto di indebolire l'industria russa, sono stati sanzionati beni di ogni tipo, colpendo qualsiasi settore o esportazione, anche di beni primari per la sussistenza delle persone.
Questo sta causando il rallentamento dell’economia e una burocrazia folle che blocca anche il commercio con paesi extra UE non sanzionati, ma che hanno relazioni commerciali con paesi sanzionati. Ormai non riusciamo a vendere un pezzo nemmeno lì, anche in paesi che con la guerra non c’entrano nulla.
Le aziende italiane finiscono così a dover lasciare campo libero ai competitor extra UE, ad est e ovest, che operano in contesti meno regolamentati. Questi competitor conquistano quote di mercato, tecnologie e know-how, indebolendo ulteriormente le nostre imprese.
È cruciale che l'Unione Europea e i paesi del G7, insieme a tutti i loro cittadini e cittadine, riflettano su queste dinamiche. La protezione dell'industria europea e della sua filiera deve essere una priorità per salvaguardare posti di lavoro e conoscenze.
Siamo contro i conflitti e azioni dure e pesanti contro chi viola il diritto internazionale vanno intraprese, ma puntualmente. Vanno eliminate quelle condizioni che consentono a player internazionali senza alcun limite - riguardo l'ambiente, i diritti umani e le regole del WTO - di rubare tecnologie e know-how.
Siamo contro le invasioni, ma anche contro chi se ne approfitta e compra le nostre imprese in svendita approfittando della disillusione e della paura del futuro da parte degli imprenditori che si sentono in balia degli eventi e senza supporto politico.
La resilienza è una parola da abbandonare, sfruttata troppo spesso solo per lasciare a noi i problemi da risolvere e giustificare l’incapacità di chi avrebbe il dovere di difendere la nostra economia e agire a sostegno di chi produce e con le tasse gli paga lo stipendio".