26/05/2020

Margraf crea "Ripple": un’opera sfida che impreziosisce l’area di Gambellara

La facciata di 600 metri quadrati è stata progettata dal designer Raffaello Galiotto.

Margraf conferma di guardare oltre le sfide e, in un momento storico particolare, si appresta a concludere la nuova e avveniristica opera monumentale Ripple, progettata dal designer Raffaello Galiotto.



Si tratta di un imponente propileo lapideo di forte tridimensionalità, di 600 metri quadrati, in Fior di Pesco Carnico Margraf - un marmo esclusivo e proveniente dall’unica cava esistente al mondo a Forni Avoltri (UD), di proprietà dell’azienda vicentina - che impreziosisce la parete del nuovo polo di ristorazione dell’Area Margraf a Gambellara (VI).

Dopo l’inaugurazione di Arcolitico, l’arco monumentale di 14,5 m realizzato nel 2018, l’azienda ha commissionato questa seconda opera sfida posizionata sul lato opposto, nel viale della sua nuova sede logistica, come una sorta di propileo greco, un ingresso monumentale all’Area Margraf.

Ripple esalta l’avanzata capacità tecnica e tecnologica di Margraf di lavorazione del marmo a taglio sagomato nella realizzazione di rivestimenti tridimensionali applicati a facciate architettoniche.

Un’opera innovativa che si propone come una sorta di manifesto rilanciando la tridimensionalità litica in architettura attraverso un’innovativa metodologia di taglio a filo sagomatore.

La complessa attività progettuale prodotta con l’ausilio di software parametrici consente l’ottimizzazione dell'uso della materia, dei tagli e dei tempi di lavorazione, producendo sequenzialmente tutti gli elementi litici necessari.

Tecnicamente il rivestimento lapideo ondulato di facciata è composto da 350 elementi suddivisi in 35 file verticali ciascuna costituita da 10 elementi, differenti. A questi elementi si aggiungono quelli curvi ai fianchi del muro e altre 300 marmette piane sul lato interno. Il muro è infatti rivestito completamente per una superficie totale di 600mq di marmo.

Le pieghe sul lato esterno, via via si increspano verso il centro per riappiattirsi sul bordo raggiungendo una tridimensionalità di 70 cm, 35 cm di bombatura convessa (file pari) e 35 cm di bombatura concava (file dispari). Ogni fila è costituita da 10 elementi ed è realizzata da un medesimo blocchetto di marmo mediante un taglio consecutivo e sagomato prodotto con filo diamantato. Lo scarto di marmo è perciò minimo e deriva dalla contornatura del singolo blocchetto, mentre i tagli consecutivi consentono contemporaneamente la lavorazione del lato esterno ed interno di ciascun elemento.

Alla complessità della composizione vanno aggiunte le problematiche relative alla gestione degli spessori che non possono variare eccessivamente, pertanto la forma tridimensionale delle pieghe non è casuale ma è il risultato di un lungo lavoro di aggiustamento tra il massimo effetto estetico, il minimo scarto, la costanza di spessore, le esigenze di fissaggio meccanico alla struttura metallica e le problematiche di taglio con i limiti della macchina.

La parete è inoltre dotata di un’apertura, una porta inclinata in andamento con le pieghe, che permette l’attraversamento del muro e l’accesso ai locali dello stabile.

Questo progetto – racconta il designer Raffaello Galiotto - è interessante perché è innovativo e allo stesso tempo profondamente classico. Esplicita e riassume alcuni concetti che ho sviluppato nel passato attraverso diverse opere sperimentali con il marmo: la riduzione dello scarto attraverso lavorazioni di separazione piuttosto che di asportazione, la progettazione computerizzata e la lavorazione a controllo numerico. E lo è perché è pensato e disegnato al computer sottendendo una regola numerica, un ordine, una logica proporzionale, forse paradossalmente più vicina a Palladio che a Frank Gery. Fortunatamente oggi disponiamo di strumenti di calcolo molto più potenti del passato che ci permettono di andare oltre le abitudini e i metodi tradizionali, senza però tradirne lo spirito che ricercava idealmente la bellezza e la proporzionalità come sublime scopo del fare”.