01/06/2022

Ravazzolo: una storia che risale all'800 e che oggi è marchio storico nazionale

Andrea Ravazzolo: "Un giusto riconoscimento a chi mi ha preceduto, in particolare al lavoro di mio padre Silvano e di mio zio Giancarlo".

“Per far comprendere il concetto di capospalla si può fare un paragone con le automobili: tutte svolgono la funzione di trasportare persone da un luogo ad un altro, ma un’ammiraglia non è uguale ad un’utilitaria. Per i capispalla è la stessa cosa: ce ne sono di tutti i tipi, di tante manifatture, per tutti i gusti e per tutte le tasche, tutti coprono, ma solo pochi sanno vestire. Nella nostra azienda abbiamo sempre creduto nella qualità e, nel rispetto di questa nostra filosofia, il prodotto continua ad essere confezionato in Italia, anzi 100% in Grumolo delle Abbadesse, perché solo nel nostro paese esiste quella cultura e quel know-how che all’estero ci invidiano e che ancora oggi non sono in grado di raggiungere”.
 

L’amministratore di Confrav Spa, Andrea Ravazzolo, riassume così la qualità distintiva che ha permesso all’azienda, fondata e ancor oggi guidata dalla famiglia Ravazzolo, di essere iscritta nel registro marchi storici italiani del Ministero dello Sviluppo Economico, stante l’accertamento della registrazione e dell’uso del marchio da almeno 50 anni.
 

“Si tratta di un traguardo importante – precisa Ravazzolo - frutto di ricerche storiche in risposta alle verifiche che i funzionari del ministero ci richiedevano. Lo ritengo inoltre il giusto riconoscimento alle generazioni che mi hanno preceduto e in particolare al lavoro di mio padre Silvano e di mio zio Giancarlo e andando più indietro a tutte le generazioni che nella nostra famiglia si sono appassionate a questo mestiere. In questi ultimi 63 anni di storia, industriale, tra momenti entusiasmanti e altrettante sfide difficili, dobbiamo riconoscere che chi ha contribuito alla crescita di questa azienda ha fatto un lavoro stupendo”.
 

La storia della famiglia Ravazzolo, come per molte altre famiglie imprenditoriali venete, ha origini ben lontane: Bisogna risalire ai primi dell’800, quando si realizzavano prodotti artigianali vendibili attraverso i canali distributivi commerciali dell’epoca, che si limitavano ovviamente ai Comuni della provincia”, spiega Ravazzolo.
 

Dopo le due guerre, gli armadi erano vuoti e le persone vedevano nell’abbigliamento un nuovo status symbol. A quel punto, con la possibilità di allargare il business ben oltre Vicenza e il Veneto, nel ’59 è sorta la realtà industriale che, negli anni, è cresciuta contestualmente allo sviluppo economico nazionale.
 

Preservare la produzione in Italia, è il nostro valore aggiunto in cui crediamo fortemente, perché un’azienda come la nostra perderebbe le proprie radici se perdesse il controllo e la supervisione che oggi fa giornalmente – ribadisce Ravazzolo -. Garantire la qualità del capo sartoriale è il punto per noi fondamentale, che ci permette di consolidare il marchio in quella nicchia caratterizzata da clienti sofisticati, che ricercano l’alta qualità, che frequentano ambienti e persone affini. Ci rivolgiamo alla classe politica, a professionisti, manager, titolari d’azienda e a tutti gli uomini che si riconoscono in questi valori e che ritengono che anche l’abbigliamento sia il primo biglietto da visita di se stessi”.
 

Oggi questa cultura è ancora molto sentita nelle grandi città e nei principali centri mondiali di business, ecco perché Confrav negli anni ha modificato il proprio modello distributivo dedicandosi all’export dei prodotti in particolare verso gli USA, l’Europa, paesi nordafricani, Giappone e mercati asiatici.
 

“Questi mercati – continua Ravazzolo – sono in continua evoluzione; ecco perché una moderna sartoria industriale deve essere versatile, flessibile e con una grande capacità di assorbimento delle richieste del mercato, ovvero saper rispondere ai nuovi input nel minor tempo possibile. Per questo abbiamo lavorato molto per essere una delle pochissime aziende a garantire la consegna di un capo su misura in 4 settimane lavorative, contro le 8 della media di mercato. Questo è il frutto di un processo di lavorazione snello, lean e di grande flessibilità interna delle professionalità e delle maestranze”.            
 

Un know-how che, come in altri importanti settori del Made in Italy, sta diventando raro. “Purtroppo, questo settore ha subito nell’ultimo decennio una enorme perdita di addetti e ci sono sempre meno giovani disponibili ad affacciarcisi. Molti di loro, se si avvicinano al mondo della moda, ambiscono a diventare stilisti, ma per arrivare a quei livelli servono conoscenze ed esperienze che si ottengono solo operando sul campo in prima persona. Inoltre, la specificità e l’industrializzazione nella singola mansione oggi non è più sufficiente e difficilmente trova spazi. Oggi le figure più richieste sono quelle polivalenti, cioè che sanno fare più mansioni e che riescono a ricoprire con dinamicità e intraprendenza i processi e le dinamiche che l’azienda ha al proprio interno. Nel corso di questi 63 anni, oltre 1.300 collaboratori hanno lavorato nella nostra azienda e molte di esse si stanno avvicinando all’età pensionabile. Quello che in realtà al settore mancano un po’ i giovani a cui trasferire questo know-how, impagabile, diventato tale solo dopo tanti anni di lavoro. Ecco perché collaboriamo, dialoghiamo e spingiamo fortemente gli istituti professionali del territorio affinché vengano abbinate le attività di laboratorio e della formazione pratica a quelle teoriche”.
 

E poi ci sarà nuovo spazio per i giovani sul tema della sostenibilità. “Noi già da qualche anno – conclude Ravazzolo – proponiamo nelle nostre collezioni una capsule di tessuti ecosostenibili. Questo sarà sempre più terreno fertile per le nuove generazioni che in aziende come questa possono sicuramente realizzare i loro obiettivi e la loro vita lavorativa”.