04/02/2014

Andrea Babato: il mio stage in Cina a contatto con le aziende italiane

A Guangzhou grazie alla borsa di studio di Confindustria Vicenza, un giovane studente di ingegneria gestionale racconta cosa vuol dire lavorare in Cina.

C’è un paese che nel 2013, per la prima volta nella storia, ha superato gli Stati Uniti per valore degli scambi commerciali con l’estero (4.160 miliardi di dollari). Questo paese è la Cina, come è facile intuire. Non è un caso quindi che Andrea Babato, giovanissimo studente di ingegneria gestionale di Vicenza, ad esami conclusi, prima di discutere la tesi, abbia pensato di fare uno stage proprio nel grande paese orientale: “Durante un precedente viaggio fatto in Asia rimasi strabiliato dai loro ritmi e dallo stile di vita - dice il ventiquattrenne futuro ingegnere -. Incuriosito da quell’esperienza e visti anche i ritmi di crescita del paese, ho pensato di fare uno stage in Cina che poi è anche un modo per distinguersi nelle competenze”.
Progetto ambizioso che si è potuto realizzare grazie all’aiuto di Confindustria Vicenza che, tenendo fede al suo impegno di promuovere il merito, ogni anno mette a disposizione degli studenti universitari iscritti a una laurea magistrale del Polo Universitario di Vicenza tre borse di studio per svolgere stage con finalità di tesi o perfezionamento presso sedi estere in aziende o enti economici.

Una delle quali è stata ottenuta da Andrea Babato che ha così l’opportunità di svolgere uno stage di 4 mesi alla Camera di Commercio italiana a Guangzhou, una vera e propria metropoli industriale grande e moderna, favorita anche dalla vicinanza con Hong Kong. Un’esperienza sul campo che l’ha messo a contatto con molte aziende italiane, venete e vicentine: “Sono presenti qui molte aziende italiane – racconta Babato – le quali si rivolgono alla Camera di Commercio per condividere e risolvere problemi comuni che il fare business in Cina comporta in ambiti quali la mano d’opera e le dogane, ad esempio”.
La maggior parte delle aziende italiane approdano a Guangzhou per produrre, ma si sta sempre più accentuando la tendenza a cercare di trovare una base per vendere i propri prodotti sul mercato cinese. “In questo contesto io seguo in particolare un progetto di trasferimento tecnologico di una serie di aziende italiane e locali nel settore dell’automotive”, specifica Babato.

Con i colleghi e i partner non italiani, la lingua ufficiale è l’inglese visto l'atmosfera “globalizzata” che caratterizza l'ambiente lavorativo; mentre nella vita di tutti i giorni ci si arrangia con qualche parola di cinese e poco altro perché a Guangzhou, per la strada, l’inglese non è conosciuto. “La sfida più grande – racconta Babato - è adattarsi alla mentalità di un paese che è totalmente diverso dal tuo nonostante, proprio per le dimensioni della metropoli che conta 14 milioni di abitanti, ci siano in città anche zone per così dire occidentalizzate. Colpisce anche presenza contraddizioni tipiche dei grandi agglomerati urbani dei paesi emergenti in cui convivono l’ultramoderno e il lusso assieme a situazioni di degrado e povertà estreme”.
Andrea Babato tornerà in Italia per la tesi e la laurea, ma, anche grazie a quest’esperienza, non escluderebbe un futuro lavorativo fuori dall’Italia: “Perché no? Con i giusti presupposti tornerei all’estero, magari lavorando per un’azienda italiana con sedi oltre confine”.