31/07/2014

Dino Pozzato dà forma alla sua passione per la cucina e l'Oriente: nasce Ananta

Il presidente del gruppo Ska ha aperto a Vicenza un ristorante pan-asiatico di grande successo.

Sarà stata colpa di tutti quei sofficini mangiati da ragazzino, “non ne potevo più, così ho deciso di iniziare a cucinare”, o del mal d'Asia entratogli nelle vene a 23 anni “volevo integrare la laurea alla Bocconi con un'esperienza in Malesia dove poi sono rimasto fino al 2007”. Fatto sta che era nel destino del vulcanico e instancabile Dino Pozzato, 41 anni - presidente del gruppo Ska di Sandrigo, azienda leader nella produzione di impianti per allevamento di polli e conigli con un fatturato di 20 milioni di euro e 85 dipendenti - dar forma alla sua passione per la cucina e per l'Oriente, ricreando a Vicenza un ristorante pan-asiatico che sta riscontrando un grande successo.
Il locale si chiama “Ananta”, che in sanscrito significa infinito e riprende il logo che campeggia sulla porta d'ingresso, e si trova all'interno dell'hotel Aries, di cui Pozzato è comproprietario. Le recensioni su TripAdvisor sono esaltanti, tanto che in due mesi il locale ha già raggiunto quattro bollini su cinque, e il ristorante non fatica a riempire i 50 posti a sedere.

Quand'è nata l'idea di ricreare all'interno dell'hotel Aries di Vicenza un ristorante asiatico?
Come tutti nel settore dell'hotellerie, anch'io sono qui che cerco un sistema per riempire un po' l'albergo perché sono anni difficili. Un giorno di settembre, durante la pausa pranzo, sono uscito in mountain bike per rilassarmi e riflettere e mi è venuta l'idea di aprire un ristorante nuovo di ispirazione asiatica. Ho infatti ripensato a tutte le volte in cui sono venuti a trovarmi amici e conoscenti in Asia e a quanto fosse piaciuta loro la cucina del luogo. L'importante era però impostare una sorta di percorso, perché non si può proporre alla clientela rane fritte o serpente in zuppa. E così ho pensato ad una selezione di piatti che, come sapori e tecniche fossero vicine a quelle asiatiche, ma che potessero essere apprezzata qui da noi.

L'idea, condivisa con entusiasmo dalla socia di Pozzato, ha iniziato a concretizzarsi 10 mesi fa, tra esperimenti e viaggi in Asia alla ricerca di mobili e posate.
Ad ottobre abbiamo iniziato a sperimentare i primi piatti, perché non è semplice partire da zero qui a Vicenza con una cucina asiatica, soprattutto perché non è facile reperire gli ingredienti tanto che ho siglato un accordo con un'azienda malese per importare le spezie. Oltretutto la cucina del ristorante fino all'altro giorno preparava petti di pollo, tacchini in umido, cotolette alla milanese, per cui anche lì c'è stata una piccola rivoluzione, che ha previsto l'assunzione di un paio di persone. Ad inizio anno siamo partiti con la ristrutturazione del locale, mentre io mi sono dedicato al decor, andando personalmente in Asia alla ricerca di tutto il mobilio, scegliendo accuratamente dagli artigiani del luogo posate, quadri, vassoi, porcellane. Lo scorso 28 maggio abbiamo aperto, e devo dire che il locale sta andando molto bene, oltre ogni più rosea aspettativa.

In questa nuova avventura Pozzato ricopre non solo il ruolo di imprenditore ma anche quello di chef. Tutti i piatti sono infatti frutto della sua esperienza e creatività: come ha costruito il menù di “Ananta”?
Il menù del ristorante nasce da molti anni di osservazione di ciò che gli italiani mangiano volentieri in Asia, soprattutto noodles e curry, e offre una selezione di piatti di tutto l'estremo Oriente, che provengono dalla tradizione di Vietnam, Malesia, Thailandia, Indonesia e India del Nord. Monto tutti i piatti personalmente, usando ricette, tecniche e ingredienti originali, affiancato in cucina da due shous chef, di cui uno tailandese, e devo dire che fino ad ora sono molto apprezzati. L'unica cosa di “ispirazione asiatica” sono i dessert, perché mancano nella loro cultura: allora ho preso i dolci della scuola europea, in particolar modo creme, panna cotta e tortini di cioccolato, e li ho speziati attraverso l'uso di semi di cardamomo, zenzero, anice stellato, lime, peperoncino. Alle pietanze ho scelto di abbinare una selezione di vini rigorosamente italiani, e di birre artigianali prodotte “su misura” per il ristorante: ad esempio la bionda viene realizzata utilizzando semi di coriandolo.

Da dove viene questa passione per il cibo?
Dalla necessità. In casa mia non cucinava nessuno, perché lavoravano tutti, e quindi mi son dovuto arrangiare. Fino ai 12 anni è andata bene perché ho avuto la tata, ma poi è arrivata tutta una serie di signore a servizio che mi preparavano un sacco di sofficini. Allora mi sono comprato il “Manuale di nonna Papera” ed ho iniziato a sperimentare in cucina. La folgorazione l'ho poi avuta quando sono entrato per la prima volta nel ristorante di un mio caro amico, il cui padre è uno chef stellato; ho scoperto che la cucina mi piace perché assomiglia molto al teatro, c'è tanta preparazione,e poi c'è un'ora e mezza in cui ti giochi il tutto per tutto. La seconda grande spinta verso la cucina l'ho ricevuta in Malesia, quando, dopo la laurea in economia aziendale alla Bocconi, ho scelto di provare un'esperienza lavorativa diversa, iniziando così a lavorare per una catena di ristoranti italiani in Asia, come restaurant manager di un locale a Kuala Lumpur. Qui in seguito ho aperto anche quattro ristoranti italiani. Insomma, si può tranquillamente dire che nella mia vita io abbia cucinato italiano per gli asiatici e asiatico per gli italiani.