05/08/2021

Ruota palladiana - ITINERARIO / 8 Da Malo a Castelgomberto

Nel mondo di sotto del Buso della Rana. Ottavo itinerario della rubrica dedicata agli itinerari cicloturistici curata da Maurizio Mascarin.

BiciCartolina. Si sale tra le colline dei Prelessini; poi, accostata la bici in contrà Maddalena, si scende sotto, sempre più sotto tra le viscere della terra. La storia dell’arte in questa fascia di territorio non si lega alla mano creativa dell’uomo bensì all’Architetto Creatore che ha forgiato quel paesaggio sotterraneo dal nome singolare: il Buso della Rana, una grotta magica lunga 15 chilometri riconosciuta Sito d’interesse naturale anche dalla Comunità Europea.

Siamo nel mondo di sotto, in uno scenario meta di speleologi, studiosi e turisti, in località Priabona, ci si cala giù, dentro e sotto la terra, dove la luce si affievolisce in un complesso sistema labirintico di origine carsica creando singolari architetture materiche. Opere d’arte a cui ispirarsi, avrebbe detto il Nostro Palladio.

Tornando al cielo aperto, si attraversa un territorio mosso da salite e discese che impone tratti da grimpeur e discese da affrontare aerodinamicamente col vento in faccia e freni ben registrati. Non fatevi intimorire dal dislivello, dalle pendenze che ci portano da una valle all'altra.

Dalle pendici di Priabona e del Monte Pulgo alla valle dell'Agno è tutto un susseguirsi di salite impegnative, secchi tornanti, discese ardimentose. Da Isola, pedalando verso quella parte di pianura che già abbiamo avuto modo di conoscere (vedi itinerario 5 e itinerario 7), attraversando San Vito di Leguzzano - che si fa notare per il suo originale campanile ottagonale, unico nel Vicentino - ci si invola prima verso i 374 metri di Monte di Malo, per poi scollinare ancora fino ai 354 metri di Priabona, l’antica Petra Mala. Sovrastiamo le colline dei monti Castellari, una striscia di terra dai caratteri forti emersa dal mare la bellezza di 5 milioni d’anni fa. Cosicché il nostrano paesaggio rurale si mischia agli strati dei reperti geologici che affiorano qua e là: pietre vulcaniche, rocce coralline, altri frammenti millenari.

Curioso e singolare mondo, quello dei monti Castellari. La storia più remota ci ricorda che furono terre abitate dai Cimbri - come testimoniano alcune tracce del ‘200 a San Vito di Leguzzano - e che nel Medioevo qui si radunarono varie Compagnie dei Battuti, religiosi e non che avevano come pratica l’autoflagellazione. La storia più recente del Novecento ci ricorda invece che queste alture furono zone di retrovia durante la Prima guerra mondiale; mulattiere, trincee, grotte scavate dai soldati nelle rocce dei boschi ne sono ancora una viva testimonianza (vedi Omnibus).

Ma la storia corre, passa e va. E anche noi. Superiamo a vista alcune contrade che raccontano “di quando si andava per acqua col bigolo al fontanon, di quando si faceva la lisia (il bucato) con la cenere”. Come si diceva, la storia corre, passa e va. Ed è tutto vero.

Andata&Ritorno. Nella parte iniziale ci troviamo in luoghi già conosciuti (vedi itinerario 5 e itinerario 7). Siamo a Isola Vicentina, paese a metà strada tra Vicenza e Schio a 13 km dal capoluogo; da vedere il Santuario di Santa Maria del Cengio, conglomerato di edifici del '400-'600; particolarmente bello il chiostro, con affreschi del Quattrocento; Villa Cerchiari (1722), Villa Guardini (1827), Villa Folco (1600). Scaldati i muscoli, incrociando il torrente Giara, si può partire per la nostra prima destinazione: San Tomio di Malo, a 3 km: Villa Checcozzi-Carli (XVIII sec.), il Barco Ghellini (XVI-XVII sec.) e il Bosco sacro a Diana.

Altri 4 km ed eccoci a Malo, località conosciuta in tutta la regione per il suo celebre Carnevale. Da vedere: Santuario di Santa Maria Liberatrice, da dove si gode una stupenda panoramica; il Duomo con l'antica torre campanaria del XII secolo, che conserva una tela del Carpioni del 1611-14; le chiese del Quattrocento di San Bernardino e di San Francesco, Villa Checcozzi Dalle Rive Carli, 1717.

Da Malo si prosegue in direzione San Vito di Leguzzano attraverso un lungo rettilineo incanalato a destra dalle campagne e a sinistra dalle colline. All'entrata di San Vito di Leguzzano, svoltando a sinistra, ci si invola verso Monte di Malo. L’ostacolo, affrontabile con un certo impegno, è una lunga salita di 4 km, agevole nei primi 2 e ben più impegnativa nei restanti. Una volta giunti a Monte di Malo (374 m.), lo sforzo sui pedali ci consiglia una sosta rigeneratrice; poi via ad ammirare la chiesa parrocchiale di San Giuseppe, ricostruita nel secolo scorso e il Capitello dell'Orco, edificato sui resti sacrificali di un’ara pagana. Poi l’incontro ravvicinato con il "Buso della rana", la grotta naturale che con i suoi 15.200 metri di labirinti è la più grande cavità italiana ad un solo ingresso.

Alcune brevi note. La grotta fu esplorata nel 1887, ma solo nel 1933 iniziarono le prime vere spedizioni speleologiche. Da non perdere il laghetto profondo 60 centimetri, che si incontra appena dopo l'ingresso e la "Pila dell'acqua santa", un'imponente colata calcarea che gocciola in continuazione da millenni; poco oltre si entra nel "ramo principale", lungo 1350 metri.

Terminato il rendez-vous con la grotta, si ritorna in sella con il piacere di una generosa discesa. Da Monte di Malo si scende per 4 km verso Priabona (253 m.), dove ha sede un piccolo ma celebre museo di paleontologia, per poi piegare a destra in direzione Castelgomberto (Villa Trissino Barbaran, XVIII sec.). Cinque chilometri di strada provinciale non molto trafficata ci conducono al centro del comune, dominato da un bel campanile settecentesco posto di fronte alla nuova Parrocchiale. Una pittoresca stradina lambita alla destra da un piccolo corso d'acqua ci riporta nella provinciale, dove seguiamo l'indicazione Sovizzo-Vicenza. Una secca discesa con tornanti ed entriamo in località Valle di Castelgomberto. Prendiamo fiato e prepariamoci a spingere sui pedali col rapportino più agile. Girando a sinistra si procede per Monte San Lorenzo e, dopo 3 km di salita impegnativa, si piega in direzione Gambugliano. Mani sui freni e gustiamoci i 2 km di "picchiata" che in un attimo ci portano fin dentro a Gambugliano (Santuario Madonna della Famiglia) Abbiamo sulle gambe un bel percorso ma un tantino duro. I chilometri in salita si fanno sentire. Via dunque, in rapida successione, verso Ignago e Castelnovo, per raggiungere l’arrivo finale di Isola Vicentina.

ITINERARIO: Isola Vicentina, San Tomio di Malo, Malo, San Vito di Leguzzano, Monte di Malo, Priabona (andata). Priabona, Castelgomberto, Gambugliano, Ignago, Castelnovo, Isola Vicentina (ritorno).

CARATTERISTICHE. Percorso impegnativo, con lunghi tratti di salita e ripide discese. Strade asfaltate, mediamente poco trafficate. Pianeggiante fino a San Vito di Leguzzano, poi continui saliscendi fino in quota. Al ritorno, alcuni tornanti riportano rapidamente in pianura.

TOTALE Km. 42

da Vicenza a Isola Vicentina km13

CicloPensiero. “La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi (…) un poco come la vita”, da Sillabari di Goffredo Parise.

LE VILLE: Villa Cerchiari, Villa Checcozzi Dalle Rive Carli, Villa Ghellini, Villa Colleoni da Porto, Villa Almerico Dalla Vecchia Novello, Villa Piovene da Schio, Villa Trissino Barbaran, Villa Bertolini, Villa Osboli-Vareschini.

Villa Checcozzi Dalle Rive Carli (San Tomio di Malo). Da attribuirsi all'architetto padovano Girolamo Frigimelia Roberti. Edificata nel 1717, la facciata presenta quattro lesene ad ordine gigante. Al suo interno, un altissimo salone decorato di affreschi di autore ignoto. Le statue sono di Angelo Marinali. Giardino.

Villa Ghellini (San Tomio di Malo). Si caratterizza per una serie di arcate simmetriche poste nel cortile interno, il leggiadro ballatoio in legno, l’artisticofocolare e uno spettacolare girarrosto meccanico, tuttora funzionante, costruito nel 1578.

Villa Colleoni da Porto (Molina di Malo). Di questa villa del XVI secolo rimangono solo i resti della facciata. Le torrette e il portale, con stemma nobiliare, appartenevano ad un palazzo palladiano la cui costruzione, iniziata da Giuseppe da Porto, non venne mai ultimata per cause ignote. Oltrepassato il maestoso arco d'ingresso, non rimane visibile che una traccia di colonne delle quali solo due sono ancora integre.

Villa Almerico Dalla Vecchia Novello (San Vito di Leguzzano). Struttura a caratteri gotici, si sviluppa su tre livelli.

Villa Piovene da Schio (Castelgomberto). Fu molto probabilmente l'architetto Antonio Pizzoccaro a costruirla nella seconda metà del Seicento; l’elegante portico che circonda il cortile posteriore su tre lati è opera di Domenico Cerato. Al suo interno, arredi e decorazioni pregiate con tele di Giambattista Tiepolo. Pescaia, parco e giardino sono arricchiti da statue della bottega del Marinali. Chiesetta attigua eretta nel 1614.

Villa Trissino Barbaran (Castelgomberto). Risale al XVIII secolo. Mostra elementi gotici, reminiscenze di una costruzione preesistente. Grande salone al1'interno. Sul fronte, versante strada, statue quasi certamente della scuola di Ottone Marinali. Porticato a grandi archi con pilastri tuscanici. Oggi è proprietà Comunale e sede di attività culturali.

OMNIBUS

Compagnia dei Battuti (San Vito di Leguzzano). Confraternita di laici presente nel periodo Medioevale. Era organizzata secondo una scala gerarchica e adottava la penitenza della flagellazione. Fu soppressa nell’800 con gli editti napoleonici.

Contrade di San Vito di Leguzzano. Le 4 contrade di Ancetti, Gonzi, Giordani e Leguzzano Gonzi, sono note per le loro caratteristiche fontane con annesso lavatoio.

Centro Studi Preaboniano. Museo naturalistico aperto saltuariamente o su appuntamento. Situato presso la chiesa di Priabona.

Colle San Vittore (Priabona). Di rilievo la Chiesa di S. Maria Assunta che risale al ‘400. Col tempo ha subito notevoli modificazioni, al suo interno la Madonna col Bambino di Nicolò da Cornedo, 1447.

Castelgomberto, perché? Si suppone che il nome provenga da Gumberto, signore del castello di Castelgomberto. Nel periodo medioevale l’area fu dominata da quattro famiglie: i Trissino, gli Zamperetti, i da Chiuse, i da Castelgomberto

La Grande Guerra. Durante la Prima guerra mondiale l'area vasta di Castelgomberto fu zona di retrovia, seconda linea di difesa in caso di sfondamento della prima linea del Pasubio.

Sullo spartiacque tra Vallugana e la valle dell’Onte, lungo la strada che arriva sotto il cimitero di Montepulgo e va a congiungersi con la “mulattiera” che arriva da Valdilonte, nei pressi della contrada Zordan (ora disabitata), appare una possente trincea, fatta di sassi accatastati a secco e lunga circa 150 metri, per un’altezza che in alcuni tratti arriva a 2,7 metri. Poco lontano c’è una caverna scavata dai soldati per proteggere i muli e una sorgente che fungeva da abbeveratoio. Dalla metà del 1916 a Castelgomberto ci furono sempre i soldati del Genio militare della prima armata, addetti alla costruzione di trincee, abbeveratoi, grotte di protezione e di depositi di munizioni, manutenzione alla strada “mulattiera”. Si tratta della strada militare costruita nel 1917 per raggiungere monte Ratti, sulla cresta del monte Peloso (dove oggi sorge il monumento ai caduti di Montepulgo), altura ideale per puntare i cannoni sul monte Pasubio e su Schio in caso di sfondamento del fronte principale. Ancora oggi un campo del posto si chiama “Le trincee”.

La strada della Valdilonte. Strada comunale Valle di Castelgomberto - Torreselle-Isola, larga tre metri è chiusa al traffico. Segue la dorsale dei monti che chiudono a nord la valle: sale da contrada Sottoriva (comune di Isola) e arriva fino alla contrada Carletti (comune di Castelgomberto). Un percorso di 3,5 chilometri in mezzo al bosco, lungo il quale si possono vedere conservati in ottimo stato tre ponti in pietra ad unica arcata e qualche grotta, utilizzata per il deposito di munizioni, e parecchie trincee. Molti tratti conservano la pavimentazione originale fatta di pietre. In contrada Carletti si nota ancora una depressione del terreno, scavata per far posto a una posizione di artiglieria per gli obici. Il percorso attraversa l’abitato di Montepulgo, scende fino alla contrada Zaupa di Sotto, risale attraverso la dorsale boschiva del monte Fime per ridiscendere fino alla località detta “Il forte”.



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Maurizio Mascarin

Maurizio Mascarin

Maurizio Mascarin per quasi quarant'anni ha svolto l'attività di giornalista per testate locali e nazionali, scrivendo prevalentemente su temi inerenti all'economia del Nordest. È stato tra i fondatori del settimanale Nuova Vicenza e direttore editoriale di un'agenzia di comunicazione rivolta alle Pmi del modello Veneto Anni Novanta. Tra le sue pubblicazioni: "Tangenti, 90 giorni che sconvolsero il Veneto", coautore; "Le aziende certificate del Veneto"; "La pietra paziente - storia del recupero del quartiere operaio Rossi di Piovene Rocchette ", coautore.