Nello Spazio le ferite guariscono più lentamente perché il processo di riparazione dei tessuti è alterato rispetto a quello che avviene sulla Terra: questi gli esiti dell’esperimento “Suture in Space”, realizzato da un team internazionale per capire gli effetti della microgravità sul processo di guarigione.
Gli esiti della ricerca, selezionata dalla European Space Agency (ESA) e finanziata dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), sono stati presentati dalla Dr.ssa Monica Monici di ASAcampus (centro di Ricerca e Formazione di ASA) all’International Astronautical Congress (14/18 ottobre – Milano), uno degli appuntamenti mondiali più importanti per l’esplorazione e i servizi spaziali.
Il Laboratorio Congiunto ASAcampus per la Biologia degli Stress Fisici realizzato dal Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche dell’Università di Firenze e dalla Divisione Ricerca di ASA - azienda leader nella produzione di sistemi laser per applicazioni mediche e apparecchi per magnetoterapia – ha infatti avuto un ruolo centrale nello studio, complessivamente durato 7 anni.
Nella prima fase del progetto, il Laboratorio Congiunto si è infatti occupato di sviluppare dei modelli di ferite suturate basati su colture ex vivo di tessuti biologici, cute e vasi sanguigni. Il tutto grazie all’elaborazione di una tecnica di coltura che ne preservava la vitalità per oltre 4 settimane. Questa attività è stata svolta in collaborazione con chirurghi dell’AOU Careggi e del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze.
I campioni biologici sono partiti nel novembre del 2022 per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale (ISS),dove sono stati inseriti in un incubatore alla temperatura di 32°C. Dopo 4 giorni una metà è stata quindi congelata a meno 80° C e l’altra ha avuto lo stesso trattamento a distanza però di 9 giorni.
Nella seconda fase, con la collaborazione degli altri partner del progetto, nazionali (Università di Milano, Università di Siena e Università del Molise) e internazionali (Università di Amsterdam, Università di Aarhus e Università di Lucerna), si è proceduto all’analisi dei campioni tornati a Terra (terza fase).
“Tutti i campioni biologici - spiega Monica Monici - sono stati divisi e condivisi con i diversi gruppi di ricerca italiani ed europei coinvolti nel progetto. Ciascuno ha effettuato sulle porzioni di tessuto analisi specifiche i cui dati sono stati raccolti ed elaborati per ottenere un quadro d’insieme dei risultati”.
“Gli esiti dell’esperimento, in prima battuta, hanno confermato quello che altre ricerche, svolte preliminarmente, avevano già suggerito: il processo di guarigione delle ferite nello spazio è ritardato e alterato rispetto a Terra. Uno degli obiettivi principali del progetto era quello di ottenere informazioni sulla fase di rimodellamento dei tessuti durante il processo di guarigione delle ferite. I risultati ottenuti dimostrano che nello Spazio ci sono importanti cambiamenti nei rapporti quantitativi tra le varie componenti della matrice extracellulare, che si riflettono anche sulle sue proprietà meccaniche. La matrice extracellulare è la componente non cellulare dei tessuti e non solo è un supporto strutturale per le cellule ma anche trasmette loro stimoli biochimici e meccanici, quindi svolge ruoli di primaria importanza. Inoltre, si sono osservate alterazioni riguardanti l’attivazione di popolazioni cellulari coinvolte nel processo di guarigione delle ferite, come i fibroblasti e i cheratinociti”.
I riscontri ottenuti nello spazio possono avere significative ricadute anche sulla terra. Nonostante i moltissimi studi, restano ancora delle lacune nella conoscenza del processo di guarigione. Una di queste riguarda il ruolo degli stimoli meccanici, che non è stato del tutto chiarito. Fare esperimenti in microgravità, e cioè in condizioni di assenza di carico, può essere molto utile per capire il ruolo che hanno gli stress meccanici nell’evoluzione del processo.
Nella foto allegata, ricercatrici e ricercatori del team Suture in Space nei laboratori del Kennedy Space Center